Così gli ex-terroristi rossi scappati in Francia ostacolano l’estradizione
Tornano di nuovo davanti alla Corte d’appello di Parigi, per la seconda tappa dell’esame previsto dalle procedure dell’ordinamento giudiziario francese, i fascicoli con le richieste di estradizione degli ex-terroristi rossi italiani, fermati lo scorso 28 aprile dopo quarant’anni di latitanza in Francia, dove hanno vissuto serenamente protetti dalla cosiddetta “dottrina Mitterand” che li ha tenuti prudentemente lontani e impuniti dalla Giustizia italiana.
I magistrati francesi che devono dare eventualmente il via libera alle estradizioni esaminano oggi i dossier di Giovanni Alimonti, Luigi Bergamin, Giorgio Pietrostefani (nella foto insieme a Ovidio Bompressi) e Raffaele Ventura. Tutti ex-terroristi rossi che, in questi anni, sono riusciti a sottrarsi alle condanne comminate in Italia.
La settimana scorsa era stato il turno di altri personaggi di peso del terrorismo rosso che ha insanguinato l’Italia dagli anni ‘70 in poi: Marina Petrella, Roberta Cappelli, Sergio Tornaghi, Narciso Manenti ed Enzo Calvitti.
Le difese degli ex-terroristi rossi stanno ovviamente cercando in tutti i modi di ostacolare le legittime richieste di estradizione presentate dall’Italia e, da questo punto di vista, hanno posto alla Corte francese le cosiddette Qpc, “Domande prioritarie di costituzionalità“, secondo quanto prevede l’ordinamento giudiziario francese, domande che verranno esaminate fino al 29 settembre.
Intervistato da le Figaro, l’avvocato dello Stato italiano, William Julié, ha affermato che le Qpc poste dalla difesa sono contestabili in quanto “il sistema giudiziario francese è pensato per essere equilibrato”.
”Preserva pienamente la sovranità della giustizia francese“, per la tutela della quale la difesa aveva espresso preoccupazione, ha chiarito William Julié.
L’avvocato dello Stato italiano ha aggiunto che l’Italia risponderà “senza problemi” alle richieste di supplemento d’informazioni sollevate durante la sessione della settimana scorsa.
“L’importante – ha detto Julié – è che ci sia stata una trasmissione di questi dossier alla giustizia francese“, che ci sia una “procedura legale e non discrezionale… quello che è politico, è la firma o meno del decreto di estradizione dopo la fase giudiziaria“.