Guido Rasi, l’ennesima “verità” svelata: «Il mix vaccini non solo è sicuro ma rafforza la protezione»

15 Giu 2021 9:00 - di Mia Fenice
Rasi

Prima dose AstraZeneca, seconda dose Pfizer o Moderna. La nuova strategia prevista per il richiamo degli under 60 già sottoposti a un’iniezione anti-Covid con il vaccino anglo-svedese potrebbe essere pericolosa come teme qualcuno? «No, anzi probabilmente è vantaggioso. Perché è verosimile che il sistema immunitario risponda meglio a stimoli più ampi, diversificati. Ricordiamoci che i vaccini a Rna messaggero usano una proteina un po’ diversa da quello di AstraZeneca. L’immunità può essere più completa». Lo ribadisce in un’intervista a La Repubblica Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco Ema, oggi consulente del commissario straordinario all’emergenza coronavirus, generale Francesco Paolo Figliuolo. Un’altra voce, un’altra “verità rivelata”. Tra le tante che in quete ore si sono affastellate.

Guido Rasi: «Capire quanto dura l’immunità»

Ma quanti sono gli studi che giustificano il mix vaccinale? «Gli studi sono pochi ma robusti – spiega l’ex numero uno dell’Ema – e abbiamo un’ampia esperienza di vaccinazione eterologa per altre malattie, come ad esempio le epatiti virali. E poi il mix viene fatto da tempo in altri Paesi, non certo marginali: la Francia, la Germania, la Spagna, l’Inghilterra, il Canada». Quale terza dose si farà a chi cambia il vaccino alla seconda? «Prima – precisa Rasi – dobbiamo capire quanto dura l’immunità, che per ora si trova dopo un anno in chi ha fatto il vaccino. Insomma, si può anche decidere più avanti che vaccino fare. Tra l’altro bisognerà capire se ne servirà uno un po’ diverso per affrontare le varianti».

Rasi su seconda dose di AstraZeneca

Mentre fare un richiamo AstraZeneca agli under 60 che hanno già ricevuto la prima dose sarebbe rischioso? «Indubbiamente ci sono poche o nessuna segnalazione di effetti collaterali rari simili a quelli legati alla prima – ammette l’esperto – Ma attenzione: i numeri delle seconde dosi sono molto più bassi, visti i tempi dei richiami, e sostanzialmente riguardano persone anziane, meno soggette a trombosi da vaccino. Quindi, visto che è possibile cambiare, adottando un’opzione che mostra un profilo di sicurezza ancora più ampio, è giusto l’approccio delle autorità sanitarie». E se un cittadino vuole fare comunque AstraZeneca? «La libertà individuale di scegliere può anche esserci, anche se non sono esperto di temi legali, ma dal Cts – assicura – è arrivata un’indicazione più che autorevole».

I parametri indicati dall’Ema

Le autorità italiane, precisa il consulente di Figliuolo, «stanno seguendo in maniera giusta l’evoluzione dei tre parametri indicati dall’Ema: circolazione del virus, numero di vaccinati e disponibilità di alternative. Ema – ricorda infatti Rasi – ha detto di adattare la campagna alla situazione epidemiologica per avere un rapporto beneficio-rischio ancora migliore. Questo non è in contrasto con la dichiarazione che complessivamente il beneficio rimanga superiore al rischio».

Il vaccino monodose Johnson & Johnson

E il vaccino monodose Johnson & Johnson? È meglio fare anche J&J solo agli over 60? «Sembra che sia il vettore virale a scatenare le trombosi, quindi sì – conferma Rasi – Qualche segnalazione di problemi con quel vaccino c’è stata, ma sono state fatte meno dosi. La frequenza dei casi è più bassa, andrebbe vista quando i dati saranno comparabili. Anche per Johnson si seguono i tre parametri Ema e la minimizzazione del rischio. Se quelli a vettore virale fossero stati gli unici vaccini disponibili, avrei detto di usarli a tappeto perché comunque il rapporto beneficio-rischio sarebbe stato favorevole. Ma ci sono alternative migliori in questa fase epidemica».

Rasi: «Le decisioni vanno precedute dalle informazioni»

Ci sono stati problemi nel comunicare le decisioni del nostro Paese? «La cosa da raccomandare è che le decisioni siano precedute dalle informazioni chiare ai cittadini – risponde l’ex direttore Ema – Va prima annunciato il come e il perché si fanno certi cambiamenti, far capire che nuove evidenze fanno riaggiustare le posizioni. Se l’informazione arriva dopo, sembra più una giustificazione. L’errore non è cambiare la decisione, lo sarebbe non cambiarla quando si modifica lo scenario».

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