
Lo sfogo di Letta: “Ero stato buttato in un cestino”. Poi difende Vendola: “Credo alla sua buona fede”
“All’inizio a Parigi non è stato facile, è stato un inizio durissimo. Vedevo che in Italia ero totalmente dimenticato. Quando uno è stato primo ministro e sei buttato nel cestino in questo modo, ti dici: ‘Sono un mezzo fallito’. Poi gli anni di Parigi mi hanno dato l’occhio su tante altre cose”. Si guarda indietro, Enrico Letta, nel corso dell’intervista rilasciata a “Oggi è un altro giorno” su RaiUno. Uno sguardo su un Pd che allora era stato scalato da Matteo Renzi, che lo aveva liquidato senza mezze misure per prendere il suo posto a Palazzo Chigi. Un nome, quello di Renzi, che Letta ancora oggi fa fatica a pronunciare.
Letta contro la retorica della politica
“Non ne posso più della retorica, non ce la faccio più a reggere le liturgie della politica, le ipocrisie della politica”. Ora “taglio corto, sono diventato insofferente. E poi non reggo più quando qualcuno dice: questo non si può fare”, dice Letta, che poi parla della questione della giustizia. “C’è uno scontro politico da 30 anni che non aiuta il Paese. Con la ministra Cartabia e il premier Draghi possiamo fare quelle riforme. Mi sento di dire: mettiamoci tutti al lavoro, è una di quelle cose che un governo di larga coalizione può fare per il bene del Paese”.
La difesa di Nichi Vendola
“Penso che per troppi anni in Italia non si è data giusta importanza alla prospettiva della sostenibilità. Io andrò a Taranto tra dieci giorni, va trovato insieme uno sguardo sul futuro. C’è bisogno di acciaio green”, dice l’ex premier, che difende il condannato di sinistra Vendola. “Io credo alla buona fede di Nichi Vendola. Non do giudizi sulla giustizia però io credo nella sua buonafede, Vendola è sempre molto attento alla questione della sostenibilità e mi dispiace per quello che gli è accaduto ma adesso con la città bisogna fare un grande sforzo per un futuro diverso dal passato. L’Italia tutta dovrebbe risarcire Taranto”.