Mostri on line: retata tra Gorizia e Napoli. I pedofili scambiavano foto e ricattavano i bambini nelle chat
La Polizia di Stato di Trieste ha arrestato un 52enne goriziano, denunciato due persone una a Napoli ed una a Padova, pedofili della rete, sequestrato criptovalute e decine di migliaia di files di pornografia minorile, nell’ambito dell’Operazione “Web Oscuro”, eseguita oggi dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni – Centro Nazionale di Contrasto alla Pedopornografia Online (C.N.C.P.O). La perquisizione eseguita nei confronti dell’arrestato, che aveva accuratamente protetto i suoi account e i suoi sistemi con tecniche di anonimizzazione, consentiva di rinvenire più di 30.000 files pedopornografici con bambini, anche molto piccoli, raffigurati mentre venivano sottoposti a violenze e sevizie.
I pedofili contattavano i minori nelle chat
La successiva analisi dei dispositivi informatici è stata interamente condotta dagli investigatori della Postale: sono emerse 2.000 chat di pedofili contenenti richieste di scambio di materiale pedopornografico, nelle quali l’uomo proponeva altresì agli interlocutori nel dark web dei cataloghi raffiguranti minori che, stando alle chat, sarebbero stati disponibili per incontri sessuali dal vivo. Veniva inoltre rinvenuto un wallet, per la gestione delle criptovalute, ove confluivano i proventi della vendita del materiale multimediale raffigurante i minori.
Sono ancora in corso accertamenti, anche di carattere internazionale, volti a riscontrare l’effettiva e reale disponibilità dei minori proposti nei cataloghi ed a identificare gli altri interlocutori pedofili dell’arrestato.
Denunciati due italiani, uno a Padova e un altro a Napoli
Sono stati infine denunciati due italiani, uno residente in provincia di Padova ed uno Napoli, che hanno scambiato messaggi con l’uomo, finalizzati in un caso all’incontro con minori di anni 14 per scopi sessuali e nell’altro a ricevere materiale pedopornografico. Le perquisizioni a loro carico, eseguite con la collaborazione della Polizia Postale di Venezia e di Napoli, hanno consentito di sequestrare ai pedofili numerosi dispositivi informatici contenenti materiale pedopornografico, oltre agli account utilizzati per le attività delittuose.