Procurata pandemia: da Speranza alla Grillo, ecco tutti i nomi che rischiano l’avviso di garanzia
L’inchiesta della Procura di Bergamo a una svolta, “Procurata pandemia”: da Speranza alla ex ministra Grillo, spuntano tutti i nomi che rischiano l’avviso di garanzia che fanno tremare le poltrone. Le indiscrezioni che arrivano da Bergamo, dove la Procura guidata da Antonio Chiappani sta indagando per epidemia colposa, dai cassetti delle scrivanie del pool dei magistrati bergamaschi, coordinati da Maria Cristina Rota, sarebbero pronti a uscire avvisi di garanzia. E a raffica. Lo anticipa Il Giornale riportando un’indiscrezione da una fonte vicino alla procura, che ora fa tremare Roberto Speranza, Beatrice Lorenzin e Giulia Grillo. Ossia, l’attuale ministro della Salute, e le due ex titolari del dicastero.
Svolta alla Procura di Bergamo: da Speranza alla Grillo ecco chi rischia e perché
Anche perché, come riporta il quotidiano milanese, ripreso anche da Il Tempo, «una direttiva dell’Unione Europea del 2013» – ratificata in Gazzetta Ufficiale dall’allora ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – «obbligava l’Italia “a sviluppare un piano generico di preparazione a serie minacce transfrontaliere che potrebbero costituire un’emergenza sanitaria internazionale”». Dunque, il lavoro ferve alacremente negli uffici della Procura di Bergamo, pronta a sganciare una bomba che deflagrerebbe nelle aule del Parlamento. L’ipotesi dei pm al lavoro sul caso della presunta mala-gestione dell’epidemia e del mancato aggiornamento del piano pandemico, è che ministri e dirigenti del ministero della Salute, insieme a chi avrebbe dovuto tradurre le linee guida in piani operativi regionali, avrebbero disatteso la direttiva Ue e i protocolli procedurali previsti per evitare il dilagare del virus.
Procura di Bergamo: tra i destinatari degli avvisi anche diversi dirigenti
Presunte negligenze – questa l’ipotesi della Procura di Bergamo – che, come tristemente noto, avrebbero contribuito a portare alle tante vittime che hanno funestato specialmente quel territorio. Una zona, quella della Bergamasca, che ha pagato il prezzo più alto alla pandemia. E così, secondo quanto riferisce Il Giornale, oltre ai già citati ministri che si sono succeduti alla poltrona del dicastero della Salute, tra i destinatari della raffica di avvisi di garanzia potrebbero esserci anche diversi dirigenti. Tra cui, Claudio D’Amario, Direttore Generale della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute da febbraio 2018. E il suo predecessore, Ranieri Guerra (indagato per le false dichiarazioni sul report Oms).
Chat e audizioni che la Procura ha passato al setaccio
E ancora: Silvio Brusaferro, il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità. Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto di Speranza ascoltato nei giorni scorsi e di cui gli inquirenti hanno passato al setaccio le chat. E infine Giulio Gallera, ex assessore al Welfare in Lombardia. Del quale, riferisce Il Giornale, «la Finanza ha già acquisito chat integrali da febbraio a giugno 2020». Sul tavolo i dossier scottanti sulla mancata «zona rossa» in Val Seriana. E sulla incauta riapertura, il 23 febbraio 2020, del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo. Proprio il nosocomio dove erano stati riscontrati i primi casi di contagi nel territorio.
Sulla incauta riapertura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo
L’ipotesi della Procura, dunque, è che la decisione sul nosocomio di Alzano Lombardo contribuì ad innescare il focolaio che imperversò nella Val Seriana. Quello che, in un’intervista proprio al Giornale, Ranieri Guerra definì una «bomba biologica». Un innesco devastante che poi, sempre a detta di Ranieri Guerra, potrebbe essere divampato anche a causa delle campagne come BergamoNonSiFerma, o della famigerata partita Atalanta-Valencia. Tutti «eventi che hanno amplificato la trasmissione del virus» scrive il quotidiano rilanciando le dichiarazioni dell’allora addetto ai lavori. Ipotesi investigative, piste.
L’ipotesi della Procura di Bergamo: da Speranza in giù, una catena di negligenze?
Di sicuro c’è che i medici in corsia nella Bergamasca e nel Bresciano visitavano i malati Covid senza gli adeguati dispositivi di protezione individuale. E che le persone morivano a centinaia nelle loro case e senza poter ricorrere a cure adeguate perché non c’erano posti letto a disposizione nelle terapie intensive. Ora, quindi, la Procura si pone l’enigmatico interrogativo che Il Giornale rilancia: «La catena di negligenze dietro alla mancata stesura del piano, poteva salvare qualcuna delle 126.000 vite spente a causa del virus?». Insomma, quanto, come e chi poteva scongiurare tanta devastazione e dolore? Che poi è quanto continuano a ripetersi drammaticamente i familiari delle vittime, ancora senza risposta…