Sondaggio da piangere per la sinistra: gli elettori Pd preferiscono Meloni a Renzi e Draghi a Letta
Lo scriviamo alla Dagospia: son-daggio o son desto? L’interrogativo è d’obbligo dopo aver dato una scorsa all’ultima rilevazione di YouTrend commissionato dal gruppo Pd del Senato. La sorpresa è più che grande: gli elettori dem hanno più fiducia in Giorgia Meloni che in Matteo Renzi, salvato dall’ignominia del fanalino di coda solo dall’altro Matteo, cioè Salvini. Secondo quanto riportato da Repubblica.it, il sondaggio avrebbe fatto accapigliare i senatori, soprattutto quelli sui quali grava forte il sospetto di nutrire simpatia per l’ex-premier. È evidente che il popolo dem non gli ha perdonato la scissione né, forse, il siluramento del Conte-bis.
Renzi penultimo davanti a Salvini
Ma torniamo al sondaggio. Alla domanda «quanta fiducia avete in queste personalità che fanno parte della scena politica?» – con allegati sette nomi che spaziano da Mattarella a Conte – coloro che hanno dichiarato di votare per il Pd mettono in ginocchio sui ceci proprio Renzi: 10,4 per cento. Rispetto all’ultima rilevazione, l’ex-Rottamatore ha perso ben otto punti. Peggio di lui fa solo – e questo era ampiamente scontato – il segretario della Lega con il 4,4 per cento. Cresce invece di tre punti e mezzo la Meloni, che con il suo 12,8 per cento di gradimento tra gli elettori dem supera Renzi.
Nei dem si riaccende lo scontro sulle alleanze
Non è l’unica curiosità che ci regala il sondaggio. L’altra riguarda Enrico Letta: piace all’80 per cento dei suoi elettori, un livello altissimo. Ma il segretario viene surclassato da Mario Draghi, che fra i Democratici fa quasi l’en plein (92 per cento di giudizi positivi). Tra i due un distacco di 12 punti, superiore a quello (6,7) che separa il segretario del Pd da Giuseppe Conte, forte del 73,3 per cento. Una percentuale più che lusinghiera, ma lontana da quella di Mattarella, stabile da settimane all’86,4. Insomma, il sondaggio di YouTrend sembra destinato a riaccendere il dibattito sulle alleanze nel Pd. Di certo, suona come un altolà ai propugnatori dell’accordo con Renzi e Calenda. Al centro – avverte – non c’è trippa per gatti.