Amministrative, il Pd vuole anticipare di una settimana la data del voto. L’ira della Meloni
“C’è un impegno sulla data delle amministrative il 10 ottobre preso da tutte le forze politiche nel momento del rinvio del voto: eppure oggi in Consiglio dei ministri verrà proposta la data del 3 ottobre, perché il Pd ci ha ripensato, probabilmente nel patetico tentativo di provare a blindare i suoi sindaci uscenti e togliere ai cittadini giorni preziosi per conoscere candidati e programmi. Per Fratelli d’Italia questa soluzione è l’ennesimo insulto al confronto democratico che anche questa volta è stato calpestato”. Lo dice Giorgia Meloni, leader di Fdi.
“Mi auguro che i partiti della maggioranza che a parole non sono favorevoli ad anticipare la data del voto, lo dimostrino anche coi fatti e non si facciano dettare la linea dal Pd ancora una volta”, conclude Meloni.
Il trucchetto del Pd alle amministrative
Nella maggioranza, come sostiene Repubblica, c’è chi non esclude che, qualora si dovesse svolgere, il Cdm possa fissare già domani la data delle prossime elezioni comunali che sceglieranno il sindaco di 15 capoluoghi di provincia e sei capoluoghi regionali. Per adesso, va avanti il confronto del governo con i partiti e all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri ci sarà solo la data delle amministrative. Il motivo ufficiale? Per evitare che i contagi Covid siano già in stato avanzato. Una scusa risibile. Del resto, il governo Draghi aveva promesso che entro settembre i vaccinati sarebbero stati almeno il 70 per cento.
L’ennesimo pretesto del Covid per votare quando dicono loro
Il motivo, invece, è presto detto. Molti candidati del centrodestra, da Enrico Michetti a Roma, a Luca Bernardo a Milano, sono stati presentati dopo rispetto ai candidati del centrosinistra. Un trucchetto da quattro soldi. Infatti, il Pd alle amministrative spera di riuscire a guadagnare qualche consenso in più rispetto ai candidati di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Insomma, giocano anche sulla settimana di vantaggio, sperando di lucrare qualche voto in più. Un tatticismo da baro. Una scelta che non fa onore a Enrico Letta e alla sinistra che si riempie la bocca di parole come democrazia, ma che all’atto pratico resta impantanato nel solito vecchio veterocomunismo. Oppure, peggio, visto che Letta arriva dagli eredi della corrente di sinistra della Democrazia cristiana, dal marcio cattocomunismo che ha rovinato per decenni l’Italia.