Bertinotti nostalgico di Castro sogna per Cuba un’altra rivoluzione socialista
Fausto Bertinotti commenta su Repubblica la rivolta di piazza a Cuba e tiene i piedi in due staffe. Non se la sente di condannare il regime anzi in parte lo difende, ma allo stesso tempo invita il governo ad ascoltare il malumore popolare.
Bertinotti: sono riconoscente a Cuba, l’ho amata profondamente
Dice di essere «riconoscente a Cuba per ciò che ha rappresentato per milioni di persone come me, l’ho amata profondamente e le sono grato». Ma aggiunge: “Oggi però chi guida il Paese ha di fronte una scelta: ascoltare la piazza, il popolo, oppure perdere tutto”. L’ex leader di rifondazione comunista riconosce tuttavia che l’esperienza cubana si avvia al tramonto e che le proteste degli ultimi giorni possono mettere fine a un’utopia che ha nutrito gli animi della sinistra salottiera e anti-Usa.
Bertinotti: ci vorrebbe una rivoluzione nella rivoluzione
Ci tiene infatti a dire che della storia di Cuba non tutto è da buttare. “Rimangono fattori caratteristici dell’esperienza cubana come la centralità dell’istruzione, l’eccellenza della sanità pubblica, la solidarietà e l’internazionalismo. Ma la storia si sta esaurendo, ci sono forme di logoramento: il doppio mercato, le disuguaglianze interne, la burocratizzazione: in questa condizione, subendo lo spiazzamento della storia e una stretta economica vigorosa, ci vorrebbe una rivoluzione nella rivoluzione, un ritorno alla lingua originaria, che era quella di “tutto il potere al popolo”. Sarebbe un gesto grande e coerente con la nascita del socialismo cubano un governo che oggi dicesse a chi manifesta “avete ragione voi”, non solo per ascoltare ma per costruire la storia assieme a quelle persone, senza covare l’illusione che il mercato sia salvifico”.
Cuba, c’è il primo morto dopo i disordini
Per Bertinotti chi “lotta in piazza è una risorsa”. Ma non sembra proprio che le autorità governativa la pensino come lui. Oggi è giunta notizia del primo morto dopo i disordini dei giorni scorsi. Che si aggiunge agli arresti dei dissidenti che comprendono anche 20 giornalisti. Un dato sul quale Bertinotti, ancora nostalgico dei suoi sogni di gioventù, preferisce non dire nulla.