Compromesso amaro per Draghi sulla giustizia. Conte si mette di traverso: in aula sarà battaglia

9 Lug 2021 8:50 - di Redazione

Alla fine in Consiglio dei ministri il voto sulla riforma della Giustizia firmata da Marta Cartabia, che supera la riforma Bonafede, è stato unanime. Ma Giuseppe Conte si è già messo a capo della pattuglia di grillini insoddisfatti e progetta una rivincita che non potrà che avvenire in Parlamento.

Il M5S, tanto per cambiare, è lacerato: Patuanelli e i parlamentari che fanno capo a Giuseppe Conte sulla giustizia volevano una contrapposizione oltranzista, mentre Luigi Di Maio e l’ala che fa capo a Beppe Grillo erano disponibili ad accettare il compromesso.

Mario Draghi alla fine ha dovuto parlare con molta chiarezza all’ala dura e pura del M5S.  «Le azioni hanno conseguenze. Non potete astenervi come se nulla fosse», ha spiegato il premier a Patuanelli. E ha offerto loro una “ciambella di salvataggio”: la riforma Bonafede viene rottamata, però si allungano i tempi dei processi per corruzione e altri reati gravi contro la pubblica amministrazione. In pratica, anziché un massimo di due anni per la conclusione del processo di appello e di un anno per quello in Cassazione, come prevedeva la Cartabia, in certi casi si potrà arrivare a tre anni per il secondo grado di giudizio e a un anno e mezzo per quello dinanzi agli ermellini. «Prendere o lasciare», ha detto Draghi arrivando al punto.

Patuanelli ha già fatto sapere che il M5S non esclude «limitate correzioni tecniche in fase parlamentare», e lo stesso diritto si sono presi i ministri del centrodestra. Matteo Renzi dice ai suoi che la partita vera si giocherà in aula: «Se abbiamo le palle la vinciamo lì. Non regaliamo certo ai grillini una bombola d’ossigeno». L’idea di Italia viva è quella di fare squadra con Forza Italia e il resto del centrodestra per mettere in minoranza i Cinque Stelle, approvando un testo ancora più indigeribile per i grillini.

L’affossamento della legge Bonafede fa venire a galla i malumori nel Movimento. La linea in cui si riconosce gran parte della base è quella di Travaglio e di Alessandro Di Battista, che dalla Bolivia dipinge la riforma Cartabia come «un maxi-regalo ai ladri». Parole che molti eletti del M5S sottoscrivono.

Le acque agitatissime nel M5S non sono un buon segnale per Palazzo Chigi. Ma il risultato della lunga giornata di trattative sulla giustizia non è stato certo lusinghiero per i pentastellati. Il Pd si è schierato dalla parte di Mario Draghi e del governo senza lasciare spazio a spiragli di comprensione verso l’ala dura del Movimento. Enrico Letta ha parlato di riforma «non più rinviabile». Il cui futuro si scriverà in Parlamento.

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