Ddl Zan, FdI contro il «delirio ideologico» che apre ai trans e mette a rischio lo sport femminile
Il rischio è «la fine dello sport femminile». Per questo FdI, primo firmatario il senatore Giovanbattista Fazzolari, ha presentato un emendamento al ddl Zan per evitare che le atlete donne facciano le spese delle storture delle teorie di genere. L’emendamento prevede infatti che «al fine di garantire l’incolumità e la sicurezza fisica degli atleti ed il corretto spirito agonistico, è consentito alle associazioni sportive, alle federazioni ed agli enti di promozione sportiva di organizzare competizioni riservate ad atlete di sesso femminile come risultante dal certificato di nascita».
Il ddl Zan e il rischio della fine dello sport femminile
Insomma, il testo punta a evitare che la dittatura gender si imponga nello sport, così come già accaduto in altri Paesi. «Il disegno di legge Zan – ha ricordato Fazzolari – introduce il concetto di genere sessuale autopercepito che prescinde dal sesso biologico. Analoghe leggi in altri Stati hanno aperto alla possibilità che uomini transessuali o che si percepiscono come donne possano gareggiare contro le donne nelle competizioni sportive. Anche in quelle di contatto come il rugby, il pugilato, le arti marziali. Situazione che – ha sottolineato il senatore di FdI – porterebbe alla fine dello sport femminile».
Una norma di buon senso
Dunque, l’emendamento si caratterizza come «una norma di buon senso» e l’auspicio di FdI è che «tutte le forze politiche» lo sostengano. È stato poi il senatore di FdI e presidente dell’Asi, Claudio Barbaro, a sottolineare che il rischio che «”uomini transessuali, o che si percepiscono come donne” possano gareggiare in competizioni riservate alle donne dalla nascita» è «altissimo», portando alcuni esempi del «trend in atto in altri Paesi».
Il «delirio ideologico» che mette a rischio lo sport femminile
«La federazione francese di rugby ha stabilito che dalla prossima stagione gli atleti transgender potranno competere nelle squadre femminili. Anche in Australia un nazionale di pallamano nato uomo e alto 1,88 metri gareggerà tra le donne così come una sollevatrice di pesi trans in Nuova Zelanda che parteciperà alle Olimpiadi», ha ricordato Barbaro, citando solo gli esempi più recenti di una tendenza in atto da tempo e oggetto di dibattito e critiche. «Chi sostiene che si possa gareggiare ad armi pari, contro ogni evidenza scientifica, sta prendendo una cantonata o è semplicemente pervaso da delirio ideologico, rischiando di compromettere anche anni e anni di battaglie dello sport femminile. Salvaguardare lo sport al femminile – ha concluso Barbaro – è un nostro dovere».