Gattuso replica alle accuse: non sono né razzista, né omofobo. Tutto odio da tastiera. E può uccidere
Gattuso non ci sta e alle accuse replica: “Solo odio da tastiera. Non sono né razzista, né omofobo”. Rino Gattuso torna ad essere Ringhio. L’ex calciatore ed ex allenatore di Milan e Napoli non ci sta. Non si arrende all’accusa dei leoni da tastiera che lo accusa di essere razzista. E così, in un’intervista in esclusiva a Repubblica oggi in edicola il tecnico calabrese si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Deciso a mettere i puntini sulle “i” dopo le ultime vicissitudini legate ai suoi possibili ingaggi, sfumati all’ultimo minuto: prima con la Fiorentina. Poi con il Tottenham, il club inglese dato per favorito ma dove non è stato più assunto. E da calciatore grintoso e sincero come è, e come è sempre stato, sgombera il campo dalle polemiche dichiarando già nell’incipit della chiacchierata giornalistica come la pensa.
Gattuso replica agli odiatori da tastiera in un’intervista a “Repubblica”
«Non ho l’ossessione di parlare a tutti i costi. Ho soltanto il vizio di dire la verità. Tanto, se una cosa non sta in piedi, cade da sola», esordisce subito Gatturo. Che poi, alla domanda insidiosa dell’intervistatore che gli chiede: «Tipo le presunte supercommissioni per portare a Firenze giocatori del suo procuratore Mendes?», replica secco: «Sul tema non posso parlare, ma posso ricordare la mia storia: alleno da 8 anni e non ho mai fatto acquistare un assistito di Mendes. Né lui me lo ha mai imposto. Neanche una volta. André Silva al Milan e Ghoulam al Napoli c’erano già». Insomma, liquida sbrigativamente la questione “Ringhio”: «Mendes è un amico, mi dà consigli per la mia carriera visto che ha grandissima esperienza. Il mercato non spetta a me, ma ai dirigenti. I ruoli li rispetto sempre. Sono ambizioso e voglio giocatori forti e funzionali alla mia squadra, indipendentemente dal loro procuratore», asserisce con fermezza l’allenatore, spuntando le frecce all’arco dei suoi “accusatori” con la schiettezza che, da sempre, lo contraddistingue.
E su ingaggi e offerte sfumate, dichiara: «Non sono né razzista. Né sessista. Né omofobo»
Così come, con altrettanta franchezza, dalla caso Fiorentina al mancato approdo al Tottenham, chiarisce: «Non sono razzista. Mi hanno chiamato terrone in tutti gli stadi. E ora sono vittima dell’odio da tastiera». Insomma, da allenatore svincolato e da uomo del sud che sul campo e fuori ne ha viste e sentite tante, Gattuso non si rifugia nel silenzio stampa o nei no-comment di rito tanto caro ai vip nel mirino del momento. E così, archiviati Commisso e De Laurentis, rispettivamente presidenti di Fiorentina e Napoli, la stagione al Napoli e quello sfumato con la Fiorentina, Gattuso affronta il caso Londra. Con il giornalista di Repubblica che lo pungola: «Sembra che a Londra i tifosi non l’abbiano voluta perché lei sarebbe razzista, sessista e omofobo». La replica è netta: «Faccio fatica a credere che sia stato questo il motivo, al limite può essere rimasta nella loro mente l’immagine della mia lite del 2011 con Jordan, allora viceallenatore del Tottenham».
Gattuso contro gli odiatori da tastiera
Nessuna parola, e quindi, zero polemiche. Eppure Repubblica insiste sul punto del sospetto di possibili giochi di potere interni. E Ringhio, con altrettanta insistenza rivendica: «Di sicuro io non sono né razzista. Né sessista. Né omofobo. Sono state travisate vecchie dichiarazioni mie. Perché non chiedete ai miei ex compagni e ai giocatori che ho allenato del mio rapporto con loro? Io mi sono preso del terrone in tutti gli stadi: come razzista non sarei molto credibile. Quanto al resto, non perdo tempo con le sciocchezze. Piuttosto, la mia vicenda insegna una cosa». Quale? «Che l’odio da tastiera è pericolosissimo e molto sottovalutato. Io sono un personaggio pubblico e ho la forza per reagire alle calunnie, ma non tutti riescono a sopportarle. C’è chi per debolezza magari si butta dalla finestra. È un problema serissimo: che cosa si aspetta a intervenire?».
Gattuso, la passione per il calcio. E per la verità
Un appello accorato, con cui Gattuso esprime, una volta di più, una passione inesauribile. Per il calcio. E per la verità. Tanto che, in conclusione, tirando le somme dopo essersi dimesso dal Milan. Non aver rinnovato il contratto col Napoli. E rinunciato a diverse offerte, mentre altre sono sfumate, chiosa: Non ho la smania di una panchina a tutti i costi. Ne devo essere convinto. Per ora guardo partite, studio e aspetto. Non mi pento assolutamente di niente: posso permettermi il lusso della verità». Una verità da contrapporre alla ghigliottina dei social e dei leoni da tastiera...