Giustizia, corsa a ostacoli verso la fiducia. FdI: «Il ddl Cartabia è ormai un compromesso al ribasso»
Si fa presto a dire “fiducia” sulla giustizia. Già, la strada che separa il ministro Cartabia e la sua riforma dal varo parlamentare è ancora lunga. E, quel che più conta, in salita. I 5stelle sono disorientati: il testo Bonafede, sventolato da due anni a questa parte come la fine della stagione dell’impunità, sta per diventare carta straccia. Al momento è in corso una febbrile trattativa lungo il triangolo Conte (M5S) Garofoli (Draghi) Cartabia per salvare le apparenze dando un altro giro di vite sui reati a rischio improcedibilità per decorso del tempo. Dovrebbero restarne esclusi mafia e terrorismo. Ma prima di «pagare moneta», cioè ritirare i circa 1000 emendamenti, i grillini vogliono «vedere cammello», cioè il testo modificato.
Trattativa tra Conte e Cartabia
Tuttavia, quand’anche tutto risultasse a posto, la situazione non verrebbe sbloccata in automatico. Innanzitutto perché c’è un dato politico che riguarda la maggioranza: aprire agli emendamenti grillini può equivalere a scoperchiare il vaso di Pandora. In tal senso, Forza Italia (ma non solo) già sgomita. Il rischio è il «compromesso al ribasso» già evocato da Carolina Varchi e Andrea Del Mastro a nome di FdI. Accanto a questo, c’è l’aspetto procedurale. Draghi e Cartabia vogliono approvare la riforma a Montecitorio prima della sospensione estiva per poi portarla a settembre al Senato.
Un percorso alla Indiana Jones
In queste ore una mano a Conte la sta dando anche Di Maio. Il calendario prevede per venerdì l’arrivo del testo in Aula e il voto di fiducia il lunedì successivo. L’obiettivo di Draghi è che a quel punto il testo contenga il maxi-emendamento Cartabia. Perché questo accada c’è bisogno che massimo dopodomani la commissione Giustizia voti il testo. Solo così c’è tempo per ottenere i pareri delle altre Commissioni competenti. Se la manovra riesce, ad arrivare in Aula per la fiducia sarà il ddl Cartabia. Diversamente, la Camera esaminerà gli emendamenti alla legge Bonafede. A quel punto, i voti di fiducia potrebbero diventare anche cinque, escluso quello finale, con annessa suspence. Insomma, il pallino per uscire da questo percorso alla Indiana Jones è in mano a Conte. Far sparire i 961 emendamenti 5Stelle dipende da lui.