Grandi manovre al centro, D’Agostino: «Vogliono fare un’ammucchiata anti-Meloni»
Roberto D’Agostino, visionario di mestiere, non ha dubbi: il centrodestra del futuro risulterà sfigurato rispetto quello attuale. Anzi, neanche lo si potrà definire tale visto che non ne farebbe parte Giorgia Meloni, cioè la destra. In compenso vi scorrazzerebbero tre giovani – Salvini, Calenda e Renzi – sotto il benevolo sguardo dell’immarcescibile Berlusconi. Il tutto con la regia di Denis Verdini, già eminenza grigia del Cavaliere. Fantapolitica? Mah, in politica “mai dire mai“. Tanto più che D’Agostino inquadra la situazione dal periscopio di Dagospia, sito online di informazione e gossip tra i più seguiti in Italia (3,5 milioni di pagine visualizzate ogni giorno).
D’Agostino: «Con la regia di Verdini»
«Il direttore – ha spiegato lui alla Verità – è un algoritmo che mi dà in tempo reale il traffico degli articoli più letti. Così capisco gli interessi prioritari». Con tali premesse è d’obbligo quanto meno prenderlo in considerazione. E non limitarsi a fare spallucce se tratteggia scenari futuri prendendo spunto dal tramestio che sale dal centro dello scacchiere politico. Un centro che D’Agostino (o Dagospia, che è lo stesso) vede sempre più affollato di sigle nonostante scarseggi di consensi. È l’effetto-Draghi, nel senso della tenenza a convergere sull’attuale premier. Con l’eccezione di Fratelli d’Italia, unica opposizione, e con gli spasmi dei malpancisti orfani di Giuseppi. Non a caso toccherebbe proprio a meloniani e grillini-contini il ruolo di grandi esclusi dal cantiere centrista. Il resto sarebbe un’accozzaglia da Letta a Salvini. S’accomodassero pure.
Il fondatore di Dagospia intervistato da La Verità
Ma torniamo a Draghi: D’Agostino è pronto a scommettere che non salirà al Quirinale. E azzarda: «Punta a diventare il successore di Charles Michel alla presidenza del Consiglio europeo». Di certo, aggiunge, una volta uscita la Merkel, sarà lui il volto carismatico della Ue. «Già adesso – assicura – Biden parla solo con lui». E allora chi salirà al Colle? Lo scenario inquadrato dal periscopio somiglia a quello che nel 2013 portò alla rielezione (per un anno) di Napolitano: «Alla fine Mattarella dirà di sì». Uno scenario a dir poco da incubo. Non ci resta perciò che un beneaugurante «crepi l’astrologo!».