Intesa pastrocchio sulla giustizia: Draghi si salva ma è rissa sulla mafia tra M5S e Lega
Fumata bianca, dopo 8 ore di trattativa, dal Consiglio dei ministri sulla riforma della giustizia e del processo penale. Il M5S, dopo aver posto i veti e aver costretto il premier Draghi a sospendere il Consiglio dei ministri, incassa il regime speciale per tutti i reati di mafia, fuori dalla griglia dell’improcedibilità. E dà il via libera al compromesso al ribasso sulla riforma Cartabia, che dal canto suo si dichiara soddisfatta, non si sa bene di cosa visto le pesanti modifiche al testo.
Giustizia, una intesa al ribasso
Nel dettaglio, l’intesa dovrebbe prevedere nessun timing per i reati riconducibili al 416 bis e ter, dunque processi sine die. Mentre per i reati aggravati da mafia sei anni di appello, con un regime transitorio da qui al 2024. Dal 2025, l’appello scenderà a 5 anni. Dopo una giornata sulle montagne russe, con il M5S sul piede di guerra, l’accordo è stato raggiunto all’unanimità, dunque col voto del Movimento.
Il braccio di ferro si era registrato soprattutto riguardo al 461 bis1, ovvero per i reati commessi “per agevolare le associazioni mafiose”. Dopo aver ottenuto il sine die per il 416 bis e ter, sull’aggravante mafiosa il punto di caduta dell’intesa sarebbe in tempi più lunghi in appello, ovvero sei anni in regime transitorio per scendere a 5 dal 2025.
Conte accusa i leghisti
Pesanti le accuse di Conte alla Lega. “C’è stata un’altra durissima battaglia per quanto riguarda tutti i processi comunque collegati alla mafia. Lì purtroppo sono davvero rammaricato: c’è stata la dura, durissima opposizione della Lega, e questo mi fa pensare”, ha detto il leader in pectore del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, all’uscita dal palazzo dei Gruppi di Montecitorio. “Quando si tratta di combattere la mafia siamo tutti sullo stesso fronte, poi invece -spiega l’ex premier- quando si scende nei fatti concreti gli slogan scappano via e evidentemente poi non ci si ritrova sullo stesso fronte. Però abbiamo ottenuto comunque un regime speciale per tutti i processi con reati collegati alla mafia. Anche con questo regime speciale garantiamo che non si estingueranno, non si dissolveranno nel nulla”.
La Lega è soddisfatta, FdI critica
“Soddisfazione per la riforma della Giustizia: come chiesto dalla Lega, non rischieranno di andare in fumo i processi per mafia, traffico di droga e violenza sessuale. E ora avanti tutta con i referendum che completeranno il profondo cambiamento chiesto dai cittadini”, dicono Matteo Salvini e Giulia Bongiorno. Poi arriva la replica al M5S: “E’ a lutto per il superamento della riforma Bonafede e inventa falsità; la Lega ha chiesto che reati di mafia, per violenza sessuale e traffico di stupefacenti non andassero in fumo”.
Critiche, invece, dall’opposizione. “Una riforma frutto di compromessi al ribasso tra forze politiche attente solo alla poltrona non serve né al popolo né alla giustizia. Fratelli d’Italia chiede pene certe, processi veloci e nuove carceri”, ha detto al Tg1 il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida. “Dopo tanti annunci la riforma Cartabia è soltanto un compromesso al ribasso di una maggioranza dilaniata, una riforma che rischia di cancellare migliaia di processi e che non risolve il vero problema della lentezza della giustizia”, dichiara al Tg2 il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Luca Ciriani.
Via libera anche dal Csm alla riforma della giustizia
Via libera del Consiglio superiore della magistratura al parere sulla riforma complessiva del processo penale. Dopo la delibera della sesta commissione relativa a prescrizione e improcedibilità il plenum ha approvato anche quella che prende in esame l’intero impianto degli interventi del governo con 17 voti a favore, il solo voto contrario del laico della Lega Emanuele Basile e l’astensione dell’altro laico in quota Lega, Stefano Cavanna, e dei vertici della Cassazione, il primo presidente Piero Curzio e il procuratore generale Giovanni Salvi.
Uno dei rilevi mossi alla riforma riguarda la nuova norma che prevede la possibilità che il Parlamento indichi i criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale, che pone un problema di ‘’possibile contrasto della regola dettata con l’attuale assetto dei rapporti tra i poteri dello Stato’’, unito a un rischio di natura pratica per ‘’gli effetti concreti che la scelta legislativa comporterà per gli uffici”.