M5S, tregua con troppe ombre. La sfida di Conte a Draghi sulla giustizia agita l’ala “ministeriale”

13 Lug 2021 13:56 - di Giacomo Fabi
Conte

È una tregua con con molte riserve e con qualche residuo polemico quella scattata nel M5S. Il giocattolo ormai s’è rotto. I cosiddetti sette saggi lo hanno incollato alla meno peggio, ma sono i primi a sapere che dopo gli insulti di Grillo a Contenon è capace») nulla sarà come prima. I prodromi di questa strana atmosfera già si colgono. L’interrogativo che più angoscia i 5Stelle è: «Che cosa farà ora Conte con Draghi?». Domanda più che legittima alla luce della dura presa di posizione assunta dal nuovo leader contro la riforma Cartabia sulla prescrizione subito dopo la tregua con il fondatore. Un modo per circoscrivere il territorio di competenza e per farsi riconoscere come l’unico interlocutore del governo.

Conte tentato dalla crisi nel semestre bianco

A molti grillini, tuttavia, quella mossa è apparsa come una prova generale di sganciamento dalla maggioranza. Conte – sospettano – potrebbe puntare sull’effetto anestetizzante del semestre bianco, periodo in cui al Capo dello Stato è precluso il potere di sciogliere le Camere. Comincia ai primi di agosto e lì potrebbe scattare una sorta di tana libera tutti senza effetti sulla durata della legislatura per i successivi sei mesi. L’humus ideale, insomma, per fare i guastatori senza pagare pegno. La conservazione della poltrona è, del resto, l’unico collante del MoVimento. Conte lo sa e potrebbe osare.

Il “giocattolo” 5Stelle è ormai rotto

Naturalmente, non tutti lo seguirebbero in un eventuale disimpegno dal governo. Ma sa anche questo. La scelta del terreno gli è tuttavia favorevole. Bombardare sulla giustizia significa infatti sventolare la più identitaria delle bandiere grilline e mettere nello stesso tempo sotto scacco il “partito ministeriale” guidato da Luigi Di Maio. È stata la delegazione governativa, nel Consiglio dei ministri, ad oscillare come canne al vento rispetto alla riforma Cartabia che ha incenerito la “spazzacorrotti” di Bonafede. Agitare il vessillo del ritorno alle origini ha sempre un suo perché nei movimenti fideistici. Nessuno più e meglio di Beppe Grillo avrebbe potuto farlo. Ma ha rinunciato e Conte, sornione, si è leccato i baffi.

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