Né omofobia né bullismo: forse un ricatto sessuale dietro il suicidio del ragazzo gay di Torino
Un 18enne che preferisce farsi maciullare dalle rotaie di un treno piuttosto che guardare avanti con la forza dei suoi anni, non è solo una tragica notizia. È un fallimento. Peggio ancora se la sua morte viene issata come una bandiera sotto cui arruolare il solito esercito di pataccari in servizio h 24. “Orlando Merenda si è ucciso perché gay” o “perché bullizzato” e quindi “istigato al suicidio perché non resisteva alla propria omosessualità“. Quante volte l’abbiamo sentito dire in tv in questi ultimi giorni? Ma non perché, tra una cosa e l’altra, la società (ma esiste ancora?) riflettesse sul destino di questo ragazzo. Figuriamoci.
Orlando Merenda strumentalizzato dai media
Tutt’altro, la tragica fine di Orlando è servita solo a sollevare l’ennesimo polverone mediatico-politico e indirizzarlo in favore del ddl Zan, in discussione al Senato. Un polverone, appunto. Come quello del suicidio del calciatore Visin Seid, subito imputato ad un inesistente razzismo. Nel caso di Orlando, il polverone lo ha certificato una fonte insospettabile come Repubblica. Lo ha fatto con molta discrezione, limitatamente alla cronaca di Torino. In ogni caso ha infatti riferito che dietro il suicidio di Orlando non c’entrano né omofobia né bullismo. Due ipotesi, informa il quotidiano di Largo Fochetti, già escluse dal pm Antonella Barbera.
Il suicidio come via d’uscita
Altra, infatti, è la pista attualmente seguita dagli investigatori per il suicidio: un ricatto a sfondo sessuale che potrebbe aver scatenato nel ragazzo il convincimento di essere finito in una trappola senza uscita. Da qui – è l’ipotesi della Procura – la decisione di togliersi la vita lanciandosi sotto un treno a poca distanza da casa sua. «Piangeva spesso e aveva attacchi d’ansia», racconta una collega stagista. Parliamo, ovviamente di ipotesi e di tracce in attesa di conferme. Tra le più accreditate anche quella che Orlando possa aver avuto incontri con adulti già da minorenne. Staremo a vedere. Quel che è certo è che il suo nome è già sparito dai molti giornali. Proprio come si ammaina una bandiera che non serve più.