Oggi con il cda Rai, ieri con il Copasir: la pazza idea leghista di marginalizzare Fratelli d’Italia
Si scrive FdI, ma si legge Pci. Tranquilli, nessuno è impazzito da abbozzare una seppur remota somiglianza tra il partito erede della destra italiana e i comunisti. Se lo scriviamo è solo per segnalare che non ci sfugge la tentazione di marginalizzare Fratelli d’Italia. Aggiungiamo pure che non è una buona idea. Chi ha superato gli “anta” ricorderà che al Pci era precluso l’accesso al governo nazionale. Negli anni ’70 votava per quel partito più di un italiano su tre. Erano suoi i sindaci delle più importanti città, sorretti da giunte di sinistra realizzate in maggioranza con socialisti e laici. Un accordo valido solo per la periferia. Al centro il quadro si ribaltava a vantaggio della Dc.
La tentazione della conventio ad excludendum
Infatti, a parte una brevissima fase seguita al secondo dopoguerra, nella stanza dei bottoni i comunisti non sono mai entrati. Il Pci, insomma, era ovunque “dentro” tranne che al governo. Uno schema che, stando alla regola dei «tre indizi» che «fanno una prova», a qualcuno piacerebbe replicare, questa volta a destra. Diversamente non si spiegherebbe l’estromissione di Fratelli d’Italia dal cda Rai (com’è noto, gli equilibri aziendali anticipano quelli politici) o l’accanimento usque ad mortem in difesa della poltrona di presidente del Copasir o, ancora, le schermaglie che hanno preceduto la scelta dei candidati sindaci per le prossime amministrative. Dispetti e punture di spillo in tutto simili alle provocazioni in cerca dell’incidente di confine. E che rafforza il sospetto che qualcuno (leggi Salvini) voglia cadere in tentazione si fa irresistibile.
La crescita di Fratelli d’Italia nei sondaggi fa paura
Tanto più che la maggioranza a sostegno di Draghi, da tecnica che era, si fa sempre più politica. Prova ne sia la volontà di mediare sul ddl Zan persino quando il centrodestra aveva i numeri per spedire la palla in tribuna, come ieri al Senato. Invece, alcune assenze strategiche tra le file di Lega e FI hanno compensato quelle grilline vanificando per un solo voto la proposta di Fratelli d’Italia di sospenderne l’esame. Obiettivo di tanta lena è attrarre al centro “l’altro Matteo” (leggi Renzi) in vista del voto di febbraio sul Quirinale, la madre di tutte le battaglie. Dopodiché, si sa, da cosa nasce cosa. Del resto, Lega, FI, Iv e frattaglie varie sono già unite nel nome di Draghi. Si accomodino pure: sondaggi alla mano, la loro unione, più che la forza, farebbe la farsa.