Omicidio Willy, il film dell’orrore: “boccheggiava, continuavano a colpirlo”
È un racconto terribile e straziante quello che fa, davanti ai giudici della Corte di Assise del Tribunale di Frosinone, Jorghe Zequiri, l’ennesimo testimone chiamato a raccontare quanto visto la notte tra il 5 e il 6 settembre scorsi a Colleferro quando un gruppo di malviventi – i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli – si accanì con pugni e calci su Willy Monteiro Duarte, uccidendolo.
Mamma Lucia fa uno sforzo immane per non crollare mentre Jorghe racconta, minuto dopo minuto, come le hanno ucciso il figlio, lasciandolo a terra, straziato.
La mano a coprire gli occhi, rivive lo strazio dell’aggressione al suo Willy. Batte i piedi, si strofina la fronte, si piega, mentre il testimone racconta al giudice il pestaggio “violento, selvaggio”.
“Sembravano addestrati per fare una cosa del genere. E stata una aggressione selvaggia, con calci e pugni al petto, al torace – racconta Jorghe – Ho visto Willy cadere a terra, dietro a una macchina, e quelli che continuavano a tiragli calci. Era accerchiato da tre o quattro persone“.
Un’aggressione bestiale che non lascia scampo a Willy “colpevole” solo di aver difeso un amico.
“Willy era a terra, aveva le convulsioni. Boccheggiava come un pesce fuori dall’acqua“, prosegue Jorghe.
“Anche Mario Pincarelli tirava calci a Willy mentre era a terra”, aveva detto poco prima, un altro testimone, Matteo Larocca, incastrando un altro dei killer del povero Willy.
E’ stato proprio Larocca a chiamare i soccorsi. Ed è stato ancora lui a fornire, ad un carabiniere, i fotogrammi del Suv in fuga con a bordo i killer.
“Quando i fratelli Bianchi sono risaliti sul Suv insieme agli altri, ho preso il telefono e ho scattato due foto mentre si allontanavano – ha spiegato in aula – e le ho inviate al maresciallo dei carabinieri“.
Il racconto di come hanno ucciso Willy Monteiro Duarte è un film dell’orrore fatto di spezzoni messi insieme grazie al racconto di chi quella sera ha assistito alla mattanza.
“Ho visto i fratelli Bianchi scendere dal Suv. A loro, appena indietro, si sono uniti Belleggia e Pincarelli. I quattro avanzavano come una falange. La loro è stata una aggressione a caso. Willy si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato“, ha ricostruito un altro testimone, Cristiano Romani.
Il ragazzo ha detto al giudice di aver visto tutti e quattro gli imputati, Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, avanzare verso il punto in cui Willy è stato aggredito.
“Conoscevo Willy dai tempi della scuola, siamo entrambi cuochi – racconta, parlando al presente del suo amico che non c’è più, Federico Zurma, amico di Willy. – E quando ci incontravamo parlavamo del lavoro, di ragazze”.
”L’ho rivisto quella sera, mezz’ora prima che Belleggia mi colpisse all’improvviso con un pugno facendomi cadere dalle scale – prosegue Zurma che è il primo testimone ad essere ascoltato dai giudici di Frosinone. – A Belleggia (Francesco, ndr) ero andato semplicemente a chiedere spiegazioni sul perché il suo amico (che mi hanno poi riferito essere Mario Pincarelli) avesse fatto degli apprezzamenti poco graditi a una ragazza che era nel mio gruppo. Quando mi ha fatto cadere ho perso i sensi, sono rivenuto poco dopo e ho rivisto Belleggia sul luogo dell’aggressione. Ci siamo nuovamente confrontati, stavolta con qualche spinta, fino all’arrivo dei fratelli Bianchi. La piazza si era riempita di gente”.
“I due fratelli mi hanno solo sfiorato, finendo addosso ai ragazzi che ci separavano. Ho visto che iniziavano a dare calci e pugni alla gente – prosegue il ragazzo – sono rimasto impietrito”.
”A quel punto il mio amico Alessandro mi ha preso per un braccio e mi ha detto ‘questa è gente pericolosa, andiamocene’. Mi sono voltato e dopo 5 passi una voce ha gridato ‘Willy a terra’. Intorno a lui si è radunata una folla mentre Willy aveva le convulsioni. C’era chi provava a farlo respirare meglio – prosegue Federico Zurma – C’era tantissima gente e ho deciso di indietreggiare, per lasciare spazio e sono andato via”.
Un racconto che collima con quello di Alessandro Rosati.
“Ho visto arrivare i fratelli Bianchi, che conoscevo di vista. Uno dei due ha tirato un calcio a Willy e l’ho visto cadere. Era un calcio tirato da chi lo sapeva tirare, un calcio da arti marziali”, ricorda Rosati. Che, rispondendo alle domande del pm Giovanni Taglialatela, ricostruisce così la dinamica dell’aggressione mortale al 21enne capoverdiano.
“Quella tra il 5 e il 6 settembre scorsi era una serata come tante, passata con gli amici. Intorno alle 2 abbiamo deciso di andare a casa, ma quando stavamo scendendo le scale per raggiungere il parcheggio, la mia attenzione è stata richiamata dal mio amico Massimiliano che mi ha riferito di alcuni apprezzamenti molesti rivolti alla mia ragazza. Mi sono fatto indicare da lui i due, li conoscevo di vista, erano Francesco Belleggia e Mario Pincarelli. Sono tornato indietro – racconta ancora nell’aula della Corte di Assise del Tribunale di Frosinone – per andare a parlare con Francesco, chiedendogli spiegazioni”.
”Dopo avermi tranquillizzato, dicendo che era stato il suo amico, che aveva bevuto, mi ha chiesto scusa anche da parte sua. La discussione sembrava esser finita lì – ricorda Alessandro Rosati. – Ma, poi, Federico mi ha detto che era stato colpito da Belleggia. C’è stata quindi una nuova discussione sul luogo dell’aggressione, di lì a poco sono arrivati i fratelli Bianchi, ho visto il calcio a Willy e ho chiamato Federico (Zurma, l’amico del quale la vittima aveva preso le difese, ndr) per invitarlo ad andare via, perché avevo capito che la situazione stava prendendo una brutta piega”.
“Willy era fermo ad assistere alla scena, il suo ruolo nella scena era assolutamente passivo. Non stava dividendo nessuno e non mi so spiegare perché se la siano presa con lui”, dice Rosati.