Senato, da domani va in scena il ddl Zan. Il renziano Scalfarotto avverte: «Sarà un Vietnam»
Fosse per lui, lo scriverebbe in un cartello piazzato in bella mostra all’ingresso dell’aula del Senato, dove da domani inizia l’esame del ddl Zan. Un bel “benvenuti in Vietnam” che sarebbe solo il prequel del classico “l’avevo detto io” se i suoi timori trovassero conferma. Sul punto Ivan Scalfarotto, renziano di strettissima osservanza e bersaglio dell’ira dei militanti Pd, non ha dubbi: il passaggio nell’aula di Palazzo Madama sarà tutt’altro che una passeggiata per la legge sull’omotransfobia. E alla Stampa dice: «La Lega farà ostruzionismo, ci saranno molti voti segreti. M5s sta vivendo la fase che sappiamo, ci sono dubbi nel Pd. Chi può garantire che ci sarà la compattezza che serve?». Morale: «Sarà un Vietnam».
Scalfarotto: «Il Pd non ha strategia parlamentare»
Non a caso Scalfarotto rilancia l’idea di una mediazione che salvi lo spirito della legge, con buona pace dei pasdaran arroccati sulla linea, piuttosto avventurosa, di un massimalismo fuori tempo massimo. «Noi – rivendica l’esponente di Iv – stiamo cercando di trovare un accordo che permetta di approvare il provvedimento. Il rischio in questo momento è che il testo Zan non diventi mai legge». Un allarme lanciato soprattutto ad Enrico Letta, attestato su un “prendere o lasciare” contraddetto dai rapporti di forza all’interno del Senato. Il leader dem è convinto che Renzi soffi sul fuoco per poi accorrere come il capo dei pompieri. Un modo, insomma, per darsi un ruolo.
«Il testo rischia l’affossamento»
Ma Scalfarotto è di parere opposto. «Letta sa che non è così – argomenta -. La destra chiederà il voto segreto ogni volta che potrà». A quel punto – alla luce dello scollamento in atto nei 5Stelle e dei malpancisti annidati nel Pd – ogni scrutinio diventerà una lotteria. «Lo stesso Zan – ricorda Scalfarotto – ha detto: “Andiamo in aula, incrociando le dita“. Ma incrociare le dita non è una strategia parlamentare». E se Letta giocasse d’azzardo solo in apparenza? Se avesse giudicati più convenienti gli effetti di una sconfitta da “puro” rispetto a quelli di una vittoria con molti padri quale effettivamente sarebbe quella frutto di un’affollata mediazione? Scalfarotto non lo esclude. «Ma – secondo me – aggiunge – diventa un calcolo politico un po’ cinico, fatto sulle vittime di atti di violenza e discriminazione».