Tokyo 2020, sollevamento pesi: Mirko Zanni ci regala un podio dopo 37 anni. Dedica al nonno e a “Silvia”

25 Lug 2021 20:11 - di Laura Ferrari
Mirko Zanni

Mirko Zanni è medaglia di bronzo nel sollevamento pesi, categoria 67 kg, ai Giochi di Tokyo. L’azzurro alza complessivamente 322 kg, nuovo record italiano. Impresa assoluta: al sollevamento pesi mancava da 37 anni. A vincere il cinese Chen (332 kg), davanti al colombiano Mosquera Lozano (331 kg). Quella di Zanni è la quinta medaglia per l’Italia in questa edizione dei Giochi.

La commovente dedica al nonno che non c’è più

“Dedica? E’ una medaglia non solo mia, ma e’ il frutto di un lavoro durissimo che coinvolge tanta gente. La dedica speciale oltre che agli allenatori, e’ per mio nonno che purtroppo non c’e’ piu’, ma era con me in gara. Ringrazio naturalmente anche l’Esercito, mi hanno supportato in tutto non facendomi mai mancare nulla”. Sono le parole di Mirko Zanni, collegato dalla dark room di Casa Italia dopo il bronzo nel sollevamento pesi. “I miei genitori (entrambi sportivi, ndr) quando sono nato si erano promessi che non avrei fatto ne’ lo sport dell’uno ne’ dell’altro. Mio papa’ pero’ mi ha portato di nascosto in palestra, dopo un mese c’era una gara e dopo quella ho iniziato il mio percorso”, ha raccontato Zanni.

“Un bronzo che ricorderemo tutti a lungo! Dopo 37 anni l’Italia torna sul podio olimpico nel sollevamento pesi! Bravo Mirko Zanni e complimenti federpesistica. Quante belle emozioni azzurre qui a Tokyo. L’estate italiana prosegue”. Così sui social la sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali.

Mirko Zanni ringrazia Silvia, ma non è la fidanzata

Il 23enne di Pordenone ha ringraziato per la vittoria anche Silvia, che non è la sua fidanzata, ma la fascia di cuoio che lo ha sostenuto mentre alzava chili che lo hanno fatto entrare nella storia.  Un aneddoto che ha raccontato lo stesso Mirko Zanni ai canali social della federazione italiana: «Questa cintura ha 30 anni di servizio, poverina, è ora di farla riposare. Finito il ciclo olimpico la riporrò in bacheca: me l’ha data mio padre, “vedi se ti va bene”, mi disse. Ogni gara, ogni allenamento, l’ho fatto con lei. L’ho chiamata così perché l’ho ricevuta subito dopo la prima delusione sentimentale, definiamola così: la ragazzina si chiamava Silvia. Anche se si è ancora adolescenti, sono cose che ti rimangono dentro».

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