Carl Brave, il rapper controcorrente. Canta contro la droga: «Ho amici che si sono bruciati»
Carl Brave è uno di quegli artisti che hanno fornito la colonna sonora a questa estate strana, particolare. Un’estate in cui ci vuole Coraggio (titolo del suo ultimo album). Sì, perché è quello che «ci vuole in un periodo storico che ci ha lasciati tutti sotto choc e sembrava qualcosa di fantascientifico». La sua musica è apparentemente semplice. I suoi testi solo apparentemente non impegnati. Anzi, spesso sono vere denunce. Come quella sulle sostanze stupefacenti, un tema che non tratta in modo superficiale. In un’intervista al Corriere della Sera lo dice chiaro e tondo. Racconta anche drammi personali, come in Fratelli. «La droga», afferma, «viene spesso esaltata in maniera falsa. Volevo raccontare quelle situazioni squallide in cui finisce chi prende certe strade. Ho amici che sono bruciati».
Carl Brave, il coraggio di essere alternativi
Ma il coraggio Carl Brave lo dimostra anche nel modo di comporre. Non si fossilizza musicalmente e non sta alle regole della musica moderna. Le sue canzoni hanno «una struttura , una durata precisa: ho fatto qualcosa di mio». Il tour? «Finalmente la ripartenza dopo un anno mezzo che non suoniamo. Si ricomincia piano piano ma rispetto al passato la band si è allargata. Siamo in 11 sul palco».
Dal basket alla musica
Carl Brave ha giocato a basket per anni, fino alla serie B. «Dallo sport», dice sempre al Corriere della Sera, «ho imparato l’importanza dell’allenamento. Se non produco pezzi per una settimana sento di aver preso qualcosa. E mi devo rimettere in moto. E anche il senso del lavoro di squadra coi musicisti mi viene da quel passato». Coraggio è il suo cognome vero, il nome d’arte è «coraggioso» in inglese. Sulla copertina del disco c’è la foto di un busto di bronzo del nonno. «Non l’ho mai conosciuto, ma mi chiamo Carlo Luigi Coraggio, proprio come lui. Quel busto, che lo ritrae adolescente, è sempre stato in sala da pranzo. Ha fatto la seconda guerra mondiale in marina e ha contribuito a sminare le acque davanti ad Anzio».
Carl Brave e il razzismo musicale
Poi dice: «C’è un problema di razzismo musicale oggi. Appena si sente il profumo di trap qualcuno dice “roba per ragazzini”. L’autotune è uno strumento, dipende da come lo usi. Da noi non c’è molta fantasia, i temi restano droga-moda-soldi. Sembrano le canzoni degli americani tradotte, ma qui non c’è quello stile di vita. Allo stesso modo, se ci sono accenni pop scatta l’accusa di “commerciale”. In queste canzoni ho fatto un matrimonio collettivo». E Roma? «Ha romanticismo, è una città che puzza di bellezza. Dal punto di vista linguistico, “parlo come magno”, senza filtri, senza fingere. Questi due elementi, la città e l’inflessione, saranno sempre con me».