Chi sono i ministri zavorra di Draghi: “Un quartetto di mezze figure sbiadite”. La pagella di Giuli
La pagella del primo semestre assegnata al premier Draghi dal coro mainstream ha una media altissima. Ormai la “genuflessione” quotidiana al suo operato non ammette obiezioni. Ma i suoi “compagni di classe, ossia i ministri, non sono affatto i “migliori”, anzi, sono il suo tallone d’Achille. Di più, delle zavorre come le definisce l’editorialista e scrittore Alessandro Giuli in un’analisi su Libero. Non è la prima volta che osserva da vicini i ministri dell’attuale esecutivo, stilandone i demeriti o il loro contributo incolore. Anche stavolta, passano i mesi, ma il loro contributo è da dimenticare.
Giuli e i ministri di Draghi: “Un quartetto di sbiaditi”
I motivi sono decritti dalla realtà dei fatti. “Mezze figure inadatte all’impresa o inspiegabilmente sbiadite. Si distingue un desolante quartetto di coda, una specie di staffetta 4X100 da medaglia di piombo: nemmeno sotto doping riuscirebbero a farcela. Due di loro sono di estrazione impolitica: Luciana Lamorgese (Interno) e Patrizio Bianchi (Istruzione); gli altri vengono dalle prime file dei rispettivi partiti: Andrea Orlando del Pd (Lavoro) e Stefano Patuanelli del Movimento Cinque stelle (Politiche agricole, alimentari e forestali)”. Inizia così l’intervento di Giuli: “Lamorgese è chiaramente in uno stato confusionale. Dopo ventimila sbarchi di clandestini sei mesi, non è più in condizioni di negare l’emergenza migratoria; e allora si rifugia in un benaltrismo da consumata scuola politicista; dirotta l’attenzione sui guai pandemici, imbraccia lo ius soli per sentirsi meno sola”. E’ in tilt, ingaggia battaglie con Salvini che sarebbe meglio evitasse.
Lamorgese, una débacle su tutta la linea
“Ha fatto coriandoli dei decreti sicurezza, non riesce a farsi ascoltare dall’Europa sui ricollocamenti volontari; e peggio ancora sulla revisione del trattato di Dublino. Sta amministrando la questione del green pass con rigidità improvvisate (tutto il controllo devoluto agli esercenti!); alternate a ritirate strategiche (come non detto: i documenti li controlla soltanto la polizia di Stato)”. “Bacchettata da Draghi. Neanche il presidente della Repubblica Mattarella che l’aveva fortemente voluta in quel dicastero può fare nulla per lei. Infatti, spiega Giuli, il Viminale è oramai un ministero sostanzialmente commissariato nelle mani di Draghi. Allargato a “una cabina di regia allargata agli Esteri (Luigi Di Maio), alla Difesa (Lorenzo Guerini) e ai Trasporti (Enrico Giovannini): fa capo direttamente al premier. Le quotazioni della Lamorgese sono sottozero.
Bianchi: “Ha la lungimiranza di un banco a rotelle”
TRa i ministri di Draghi, parlare del ministro Bianchi è come sparare sulla croce rossa. “Nessuno ha ormai il coraggio di spendere parole indulgenti, non foss’ altro perché è un soggetto misterioso con la vitalità di un passacarte e la lungimiranza di un banco a rotelle. Fare peggio di Lucia Azzolina era difficile ma non impossibile, a lui non è riuscito nemmeno questo: semplicemente, non perviene”. Per lui parlano i fatti. A pochi giorni dalle riaperture delle scuole è tutto un gran casino: sindacati da un parte, professori in ordina sparso; genitori da un’altra ancora: “i genitori degli alunni più piccoli fanno voti affinché qualcuno li salvi dal ritorno della didattica a distanza, dalla carenza di personale scolastico e dalle inevitabili classi pollaio controbilanciate dalla geniale idea di mantenere le finestre aperte per il ri cambio dell’aria”. Anche d’inverno. Insomma, definirlo zavorra è un complimento.
Draghi e i ministri zavorra, Patuanelli: “Il ministro del giorno dopo”
“Gli fa concorrenza il serioso Patuanelli, che i grillini esibiscono come un volto mite e dialogante della loro banda. La flemma non gli manca, certo, semmai gli fa difetto la sveltezza. È un ministro del giorno dopo”. Perché lo si trova nei luoghi degli incendi stagionali fuori controllo. Fa dichiarazioni “garbate” quano scontate, “promettendo che il governo non abbandonerà gli agricoltori sfollati e anzi richiamerà le Regioni e i Comuni ai rispettivi doveri”. E ci mancherebbe. La base lo sta assillando: “lo preferirebbero impegnato nella prevenzione a capo di una Guardia forestale mai ripristinata nelle sue complete funzioni, piuttosto che con l’estintore in mano e lo scolapasta in testa”.
Orlando e le sue giravolte sul reddito grillino
Dulcis in fundo, si fa per dire per il ministro del lavoro Orlando. “Il Lavoro lo costringe a giravolte sensazionali: anche lui non sa che pesci prendere sul green pass aziendale, e vabbè. Ma più che altro, oggi, tra una crisi industriale e l’altra, tra un paletto anti delocalizzazioni e una polemica estemporanea deve legittimare l’odiato reddito di cittadinanza mentre cerca di riscriverne i fondamentali con i tecnici di Draghi”. Anche lui in grande imbarazzo. Ingoiare il reddito grillino è tanta roba. L’ex guardiasigilli del Conte 2 maneggia malamente la materia e pasticcia: “Di deroga in deroga sulla cassa integrazione, sta trasformando gli ammortizzatori sociali in una spaventosa macchina di sussidi pubblici: una Naspi perpetua, poco al di sopra della soglia di sopravvivenza, fino all’età pensionabile. Roba da far invidia alle utopie regressive di Beppe Grillo; con il suo allucinante reddito universale dalla culla alla tomba”.