Conte fa festa mentre nel M5S è fuggi-fuggi. A Milano i grillini scompaiono pure dal Consiglio
“Hai voluto la bicicletta? E ora pedala!“. Chissà se nella testa di Giuseppe Conte comincia a ronzare questo detto, sempre pronto a scattare ogni qualvolta ci si accorge che in fondo la spesa non vale l’impresa. O, meglio, quando la sua riuscita si rivela inversamente proporzionale all’ostinazione con cui l’abbiamo perseguita. E a diventare leader dei 5Stelle una volta disarcionato dalla poltrona più alta di Palazzo Chigi, Conte ci teneva davvero. E ora eccolo qua, alle prese con il Movimento più pazzo di sempre, capace di dilapidare in soli due anni più della metà del patrimonio elettorale affidatogli dagli italiani. Dal canto suo, il diretto interessato dispensa certezze e ostenta piglio decisionista. Al momento dell’investitura online, ha decretato la «fine dei personalismi» e annunciato «tante figure nuove».
Conte alle prese con la crisi del MoVimento
Sarà. Nel frattempo, però, Conte deve stare attento a non far scappare via quelle vecchie. Come ad esempio a Milano, dove – informa il Corriere della Sera – è un fuggi fuggi generale. Nella capitale del Nord, i 5Stelle non esistono praticamente più. Missing, dispersi in ogni direzione, chi a sinistra e chi a destra. È il caso di Cristina Russo, che correrà per il Comune sotto le insegne di Fratelli d’Italia. Con lei erano tre i grillini nell’assemblea di Palazzo Marino: non ne è rimasto neppure uno. Della Russo già si è detto, degli altri due, uno – Gianluca Corrado, che cinque anni correva da sindaco – non si ricandiderà più e l’altro, Simone Sollazzo, ha aderito ai Verdi per Sala, dove ha raggiunto l’eurodeputata Eleonora Evi.
Il RdC è una misura invisa al Nord
Un esodo disordinato che la dice lunga sull’attrattività del M5S al Nord. Riuscire a ripiantare qualche bandierina lì è, per Conte, una necessità vitale. Non a caso, già da tempo, almeno a chiacchiere, liscia il pelo ai ceti produttivi. Ma i suoi rischiano di restare puri auspici fino a quando non passerà dalle parole ai fatti. Il primo si chiama Reddito di cittadinanza. Se non accede all’idea di modificarlo almeno nella sua parte palesemente fallita, cioè come politica protettiva per il lavoro, gli risulterà difficile persino sostare nell’anticamera di qualche cumenda. Del resto è il varco dove lo attende Di Maio, cui invece il RdC sta come cacio sui maccheroni. La leadership, insomma, non è un gioco. E Conte se ne sta già accorgendo.