La Cina comunista dichiara guerra ai gay: schedati gli studenti Lgbt. Di Maio e company arrossiscono
Scovare gli studenti gay e acquisire informazioni sulle loro condizioni psicologiche, posizioni politiche, relazioni sociali e, più in generale, su qualsiasi tipo di «requisito rilevante». Sembra proprio che la Cina abbia deciso di lanciare un’offensiva contro gli studenti omosessuali, a partire dall’università di Shanghai, una delle più frequentate del Paese. Su Weibo, il Twitter cinese, è comparso infatti nei giorni scorsi lo screenshot di una direttiva nella quale l’università avrebbe chiesto di «indagare e ricercare» gli studenti gay. Insomma, di muoversi nella direzione di quelle che sembrano vere e proprie liste di proscrizioni. Direttiva che, secondo quanto ricostruito da diversi osservatori, rimanderebbe direttamente dal ministro della Pubblica sicurezza, Zhao Kezhi.
La Cina scaglia l’offensiva verso la comunità gay
A riportare la notizia del post, che presto ha fatto il giro del mondo, è stato il Guardian. Il giornale britannico ha anche chiesto un commento all’università di Shangai, senza però ottenere alcuna risposta. Di contro, di lì a breve, lo screenshot incriminante è sparito dai social. Come ricorda Il Giornale di oggi, in Cina è in corso da qualche tempo la repressione, per il momento solo mediatica, della comunità Lgbt. Lo stesso Zhao, ora sospettato di essere la mano dietro la circolare universitaria discriminatoria, qualche giorno fa aveva ordinato la chiusura degli account social associati ai movimenti omosessuali. E così era stato, tra le proteste delle associazioni di genere, che dalla depenalizzazione dell’omosessualità, avvenuta nel 1997, passando per la cancellazione dalla lista delle malattie mentali del 2001, fino a oggi avevano potuto conoscere una sempre maggiore libertà.
Di Maio avrà qualcosa da dire?
L’episodio, che fa temere una prossima drammatica stretta sulle libertà e sul rispetto dei diritti in Cina, interroga ulteriormente l’Occidente sui rapporti che si possono intrattenere con Pechino, e sulla loro qualità. Un tema che coinvolge particolarmente l’Italia, dove il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è espressione di quel M5S che, da un lato, sul fronte nazionale, sostiene a spada tratta il più che controverso ddl Zan e dall’altro, sul fronte internazionale, non perde occasione per fare dichiarazioni d’amore a Pechino, con buona pace dei diritti di quelle minoranze che vanno tutelate. Ma, a quanto pare, solo dove conviene farlo.