La morte improvvisa di Erika Pagliaro, 23 anni, scatena i no vax. I medici: “Uccisa da una zecca”
Si chiamava Erika Pagliaro, la giovane di 23 anni morta oggi al Policlinico di Palermo dopo essere arrivata in gravissime condizioni dall’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
La ragazza, originaria di San Cataldo, aveva la febbre da diversi giorni e gli è stata diagnosticata una coagulazione intravascolare disseminata (Cid) con grave compromissione multiorgano. Non si esclude che a causare il decesso possa essere stata una rickettsiosi per la puntura di una zecca.
Erika Pagliaro era originaria di San Cataldo
Sui Social si è scatenata una ridda di congetture relative al fatto che la giovane si fosse vaccinata con la seconda dose a maggio. In molti si sono mobilitati nel cercare un nesso.
Una polemica incomprensibile, dato che le analisi di laboratorio sulla giovane individueranno con certezza le cause della morte di Erika Pagliaro. Infatti, la puntura di zecca lascia nell’organismo tracce inconfondibili.
La puntura di zecca
Secondo i manuali, i soli disturbi (sintomi) non permettono di accertare (diagnosticare) l’encefalite da zecca (tick-borne encephalitis, TBE). In particolare, senza analisi specifiche effettuate sul sangue o sul liquido cerebro-spinale non si può distinguere questa malattia da altre che questi animali possono trasmettere. La diagnosi si basa, quindi, su analisi di laboratorio attraverso cui verificare: presenza di anticorpi (IgM) specifici. Aumento degli anticorpi specifici per il virus TBE superiore o uguale a 4 volte il valore normale. Virus TBE nel sangue e, in casi fatali, in campioni di tessuto nervoso
I casi individuati sono segnalati alle autorità competenti per consentire una valutazione della diffusione di questa malattia nel nostro Paese.
Cinquemila casi l’anno in Europa
Circa cinquemila casi sono segnalati ogni anno in Europa. I sintomi includono sintomi simil-influenzali, febbre alta, forte mal di testa, nausea, vomito e mal di schiena. La malattia infetta il sistema nervoso centrale in circa il 30% dei casi, il che può portare a paralisi e nel 1-2% dei casi alla morte.