Milano, la Pavone “twittava” contro Conte. Ma Travaglio l’ha imposta lo stesso ai 5Stelle
Osteggiata dalla base, imposta da Travaglio, subita da Conte. Si può sintetizzare così la resistibile ascesa di Layla Pavone alla candidatura per il M5S a sindaco di Milano. Prova ne siano la rinuncia degli attivisti locali a Elena Sironi, la presenza (fino alla nomination) della Pavone nella società editoriale del Fatto Quotidiano e, infine, i rabbiosi cinguettii che la stessa tuittava contro Giuseppi quando questi sedeva a Palazzo Chigi. Eh sì, la candidata cui i grillini hanno affidato le loro residue speranze di riscatto al Nord non è stata affatto tenera nei confronti dell’allora premier e attuale leader pentastellato. Roba passata, certo. Sarebbe bastato ammetterlo e la cosa sarebbe morta lì. Invece no, la Pavone ha tentato un’ardita inversione a “u” e ora rischia di finire fuori strada.
La Pavone oggi dice che «da premier ha fatto benissimo»
Di solito, chi non ha in gran conto la verità è munito di memoria a prova di elefante. La neo-candidata è la classica eccezione che conferma la regola, tanto che – infierisce Dagospia – in un’intervista al Corriere della Sera le è scappato di dire che Conte «da premier ha fatto benissimo». Ahiahiahi! E ora come la mettiamo con gli infiammati commenti da lei medesima postati sotto i tweet della premiata ditta Conte&Casalino? A ripescarli ha provveduto Repubblica, e c’è di che riflettere. In uno – siamo in piena seconda ondata, ottobre 2020 – la Pavone esibisce una prosa tra il populista e l’anti-casta oggi parecchio démodé in casa Cinquestelle. «Presidente – vi si legge -, voi chiedete sacrifici ai lavoratori, aziende, professionisti, ma non vi viene in mente di dimezzarvi lo stipendio nemmeno per sogno. Attenzione che la gente è stanca e tra poco perderà le staffe e scatterà la rivolta».
Ma a ottobre tuonava: «Tagliati lo stipendio»
Il secondo è più politico, ma non per questo meno pepato e di sicuro non avrà entusiasmato l’allora premier, fresco di firma sotto il “decreto Ristori“. Eccolo: «Le briciole avete dato, altro che ristori. 2000 euro a chi ne fattura 400000 all’anno?». E non aveva certo torto. Già, il problema è ora, non allora. Magari – chissà – in campagna elettorale troverà tempo e voglia di spiegare perché a ottobre 2020 adombrava rivolte contro un premier che ad agosto 2021 diventa magicamente uno «che ha fatto benissimo». Che dire? Una “coerente” come la Pavone Travaglio l’avrebbe scotennata se a candidarla fosse stato il centrodestra. Ora, invece, fa finta di niente. Ma in fondo era scontato: Il Fatto è sempre più partito e sempre meno… Quotidiano.