Niente Green pass per i trans, l’ultimo delirio della Cirinnà: “E’ una questione di privacy identitaria”

11 Ago 2021 15:02 - di Gabriele Alberti
Green pass trans Cirinnà

Trans esonerati dal Green pass. E’ una proposta. Monica Cirinnà ha elaborato l’ennesima follia, ponendo con forza al governo un problema “epocale”, intervistata dall’Huffington post.  «Ai trans – ha dichiarato- non può essere chiesto di esibire il Green pass per una questione di privacy identitaria». Gli fanno notare: come fa un poliziotto a capire che una certa persona è trans in modo da non chederle il certificato? E poi, a maggior ragione, come fa un agente a verificare la  veridicità di quanto afferma un individuo che si dichiara trans? Basta un’autocerticifazione verbale per dichiaraesi tale. Brutale ma efficace il commento di Alessandro Sallusti su Libero  che “apre” il quotidiano oggi in edicola con questo tema. “Povera sinistra, che quando parla di identità incerte in realtà parla di se stessa”.

Controllare il Green pass per trans sarebbe un’umiliazione

Andiamo con ordine. La questione era stata sollevata dal Gay Center giorni fa, riscontrando alcune «criticità» che possono a giudizio dei trans  dar vita a discriminazioni. Per esempio nei confronti delle persone transgender che sui documenti hanno ancora le generalità della vita precedente. E che dunque rischiano di dover essere identificate più volte. O di diventare destinatarie di possibili atti di intolleranza, aggressioni. E coming out obbligati, non voluti.

No Green pass, Cirinnà: “I trans sono ancora in attesa di rettifica anagrafica”

Entrando nel merito, le spiegazioni della dem Cirinnà, autrice dello slogan “Dio Patria e famiglia, che vita di merda” hanno del folle: «Ritengo assolutamente necessario intervenire sulle modalità di verifica del certificato verde; per fare in modo che venga rispettata la riservatezza; e che le persone trans non vengano umiliate pubblicamente e costrette a rivelare elementi non necessari della propria identità e della propria storia». Il problema, intende la Cirinnà- si porrebbe per  «le persone trans in attesa di rettifica anagrafica». La senatrice Pd sfodera a supporto delle sue tesi due  termini politically correct, in una «Misgendering e deadnaming – ovvero quelle situazioni nelle quali la persona trans non è riconosciuta: o è addirittura costretta a rivelare il proprio percorso di vita e/o ad essere chiamata con il nome registrato all’anagrafe; ma non corrispondente all’identità manifestata nella vita di relazione. Sono pratiche che rasentano la violenza istituzionale».

Perché si farebbe “violenza” chiedendo di esibire il documento

Chi ha capito il senso è bravo, riportiamo le sue parole per dovere di cronaca. Il primo termine – decritta- Libero – “consiste in quella retriva semplificazione biologica per cui è l’apparato genitale di un individuo a stabilire se costui è maschio o femmina”, ironizza il quotidiano diretto da Sallusti.  Mentre il deadnaming è la “violenza” fatta a una persona chiamandola addirittura col nome assegnatole alla nascita”. Che orrore, mamma mia…. Insomma, sia come che sia, per la Cirinnà si farebbe violenza a chiedere loro di  esibire  un documento con un nome “non aggiornato al suo percorso di transizione”. Siamo alla follia.

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