Papa Bergoglio irrita i rabbini, accuse al Vaticano. Poi la replica: “La sola legge non può salvare l’uomo”
Il Vaticano risponde, in via indiretta, con un articolo pubblicato sull’Osservatore Romano, ai rabbini che nei giorni scorsi hanno protestato intendendo alcune meditazioni del Pontefice nell’udienza generale dell’11 agosto scorso come un invito al superamento della stessa legge ebraica, giudicandola obsoleta. In un articolo dell’arcivescovo de La Plata Victor Manuel Fernandez pubblicato appunto sul quotidiano d’Oltretevere -dal titolo ‘legge e grazia per ebrei e cristiani’ – si legge: “Quando san Paolo parla della giustificazione per la fede, in realtà sta riprendendo profonde convinzioni di alcune tradizioni ebraiche. Perché se si affermasse che la propria giustificazione si ottiene attraverso il compimento della Legge con le proprie forze, senza l’aiuto divino, si starebbe cadendo nella peggiore delle idolatrie, che consiste nell’adorare se stessi, le proprie forze e le proprie opere, invece di adorare l’unico Dio”.
Papa Bergoglio chiarisce con i rabbini
“È imprescindibile – annota l’arcivescovo nell’articolo – ricordare che alcuni testi dell’Antico Testamento e molti testi ebraici extrabiblici mostravano già una religiosità della fiducia nell’amore di Dio e invitavano a un compimento della Legge attivato nel profondo del cuore dall’azione divina. La ’emunà’, atteggiamento di profonda fiducia in Yahweh, che attiva l’autentico compimento della Legge, ‘è al centro stesso dell’esigenza di tutta la Torah’”.
“Un’eco recente di questa antica convinzione ebraica, – annota ancora – che rinuncia all’autosufficienza dinanzi a Dio, si può trovare nella seguente frase del Rabbi Israel Baal Shem Tov (inizio del XIX secolo): ‘Temo molto più le mie buone azioni che mi producono piacere di quelle cattive che mi producono orrore’. Le tradizioni ebraiche riconoscono anche che per compiere integralmente la Legge occorre un cambiamento che parte dai cuori. Cristiani ed ebrei non diciamo che a valere è il compimento esteriore di certe usanze senza l’impulso interiore di Dio. La teologia ebraica in realtà coincide con la dottrina cristiana su questo punto, soprattutto se si parte dalla lettura di Geremia e di Ezechiele, dove appare il bisogno di una purificazione e di una trasformazione del cuore”.