Pensioni, ecco cosa bolle in pentola per il dopo-Quota 100 e per evitare il ritorno alla Fornero
Il confronto sulla riforma delle pensioni si preannuncia caldo. I sindacati hanno già dato l’aut aut al governo. Se non arriveranno risposte alle loro richieste minacciano per settembre una “mobilitazione generale”. I tempi sono strettissimi anche perché a fine anno Quota 100 va in soffitta e bisogna trovare una soluzione, altrimenti si rischia un ritorno alla temutissima legge Fornero. Per Draghi e il suo governo è una bella gatta da pelare.
Pensioni: «Non permetteremo un ritorno alla legge Fornero»
Ieri Matteo Salvini ha detto chiaro e tondo che la Lega non permetterà «un ritorno alla legge Fornero». «Io ho la testa al 31 dicembre quando scade Quota 100, e bisogna arrivare preparati con una riforma che tenga lontana la voglia di Fornero che qualcuno ha. Noi non lo permetteremo, questo è fuori discussione». Senza una misura ad hoc ci sarebbe un ritorno automatico a quel regime. Il pressing su Palazzo Chigi e sul ministero dell’Economia per evitare un ritorno “integrale” alla riforma Fornero è forte. Un ritorno che è considerato “impensabile”, oltre che dai sindacati, anche dai Cinquestelle e dalla Lega. Quindi vediamo nel dettaglio che cosa bolle in pentola.
Pensioni, ecco le ipotesi sul tavolo
Il Giornale ha sintetizzato le varie ipotesi sul tavolo. Eccole. Lega, M5S e sindacati guardano con interesse a Quota 41 – come gli anni contribuzione a prescindere dall’età anagrafica – o sulla possibilità di uscire a 63-64 anni anche con il solo regime contributivo. Ma l’Inps ha già deluso le aspettative perché questa soluzione costerebbe allo Stato 4,3 miliardi nel 2022 e aumenterebbe fino a 9,2 miliardi negli anni successivi. L’altra ipotesi sul tavolo è quella del calcolo contributivo con 64 anni di età e 36 di contributi. Costerebbe inizialmente 1,2 miliardi, per arrivare a 4,7 miliardi nel 2027.
Le proposte di Tridico e del ministero dell’Economia
Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha proposto un’altra soluzione. Un anticipo pensionistico per la sola quota di pensione “contributiva” maturata al raggiungimento dei 63 anni d’età (con almeno 20 anni di versamenti) e un importo minimo dell’assegno pari a 1,2 volte l’assegno sociale. L’eventuale fetta retributiva verrebbe poi corrisposta con l’arrivo alla soglia dei 67 anni d’età. Secondo le stime dell’Inps, come riporta il Sole 24 Ore questa ipotesi è quella che presenta i costi più bassi perché si partirebbe il primo anno con 443 milioni per arrivare a poco più di 2 miliardi nel decimo anno.
Infine, il ministero dell’Economia punterebbe su un economico rafforzamento delle tutele previdenziali dei lavoratori di attività gravose e usuranti. E su una proroga dell’Ape sociale.