Senza vergogna: sulle foibe Montanari non ci risponde e il “Fatto” di Travaglio ci attacca
Triplo servizio, tipo il “barba, capelli e shampoo” tuttora gettonassimo nei saloni per soli uomini. Quando si dice il caso. È bastato che il Secolo d’Italia azzardasse a porre un paio di domande sulle foibe al diversamente negazionista professor Tomaso Montanari e, puntuale come una scadenza, è scattata la reazione del servizio d’ordine del Fatto Quotidiano. Ai suoi massimi livelli, per giunta. Firme del calibro di Marco Lillo e, last but not least, l’ormai dimenticato Daniele Luttazzi, sfigato David Letterman de no’antri col vizietto della satira a senso unico. Mancava solo Selvaggia Lucarelli, ma mai dire mai. Tre pezzi da novanta della premiata scuderia di Marco Travaglio tutti per noi e tutti in una volta. Roba che se ce l’avessero anticipata solo un mese fa manco l’avremmo presa in considerazione.
Articoli contro il Secolo e la Meloni
Invece è tutto vero. Persino i conti in tasca al nostro giornale, come se i nostri bilanci non fossero pubblici e consultabili. Certo – vuoi mettere? – non c’è partita con l’emozione della sbirciatina dal buco della serratura. Soprattutto dopo una carriera costruita, verbale per verbale, sugli scoli di Procura. Conti in tasca, dunque. Con annessa verifica dell’impegno di Giorgia Meloni, nostra collega in aspettativa non retribuita, a rinunciare alla pensione da giornalista pur se cumulabile per legge al residuo vitalizio che in futuro le spetterà. Anche qui accontentati. E ancora Giorgia in un gioco innocente per bambino deficiente, senzadubbiamente ideato e scritto dal già citato DL dei poveri. Insomma, un avvertimento sotto forma di polverone e di chiacchiericcio del tutto avulso dall’attualità, alzato solo per coprire la fuga ignominiosa del compagno Montanari dalle proprie tossiche idiozie.
Montanari isolato anche a sinistra
Ma la “spalla” Travaglio glielo doveva: le domande (senza risposta) del Secolo tirano in ballo pure lui. E sì, perché un direttore che avalla il “metodo Montanari” della verità a rate sui morti infoibati (da 800 a 5000 nel giro di una settimana) o è molto distratto o è un “negazionista che si farà”. L’obliquo attacco al nostro giornale serve ad accreditare la storiella del Prof vittima designata del fascismo di ritorno, annunciato appunto dalle «manganellate» del Secolo d’Italia. Ma l’effetto è ridicolo. Più che due alfieri della liberà in lotta contro il tiranno, sembrano i cugini Posalaquaglia (Totò e Peppino) alle prese con il padrone di casa: aggirano le nostre domande parlando d’altro. Pur di non ammettere che a difendere Montanari restano sì e no un paio di gruppettari appena usciti da una foto Polaroid anni ’70 e pochi sedicenti storici, in realtà oscuri panflettisti di nessuna caratura scientifica. Il resto è un coro di critiche, anche a sinistra.
Basta con i “cattivi maestri”
Certo, non continuerà per sempre. In fondo è questa la scommessa di Montanari: attendere la fine della piena per poi far planare le chiappe anche (in questo è un collezionista) sulla poltrona di rettore dell’Università per Stranieri di Siena. Ma il suo, più che un calcolo, è un azzardo. Almeno per quel che ci riguarda. Per noi resta infatti un odiatore ideologico, almeno fino a quando non spiegherà il suo pensiero sulle foibe. Che volete, sono ancora troppo freschi i ricordi dei cattivi maestri e i guasti da loro lasciati in eredità ad un’intera generazione per permetterci un bis. Montanari non conti perciò sul nostro silenzio. Se continua nel suo “mi spezzo, ma non mi spiego“, per lui il triplo servizio – barba, capelli e shampoo – resterà sempre attivo: forza ragazzo, spazzola!