Anche Francesco d’Assisi cercava il Graal. Cardini indaga l’anima cortese del francescanesimo
Francesco d’Assisi visto come miles Christi. Ruota attorno a questa sfida storiografica il nuovo saggio di Franco Cardini edito da Laterza, L’avventura di un povero cavaliere del Cristo. Frate Francesco, Dante, Madonna Povertà (Laterza, pp. 406. euro 24). Ed è proprio uno degli episodi più noti della vita del Santo a prestare analogie importanti con il rito iniziatico di ingresso nella cavalleria. Stiamo parlando della deposizione delle vecchie vesti da parte di Francesco dinanzi al vescovo Guido e all’abbandono dell’autorità paterna per assumere vesti nuove – una tunica penitenziale – e un nuovo orizzonte spirituale.
Gerges Duby aveva scritto di un Francesco errante come i cavalieri
Un altro grande storico, Georges Duby, non aveva mancato di segnalare come la dimensione dell’erranza fosse centrale nell’esperienza di Francesco, nella prima fase di costruzione della sua comunità, quando non vi è ancora un Ordine né una regola e i seguaci dell’Assisiate si muovono sul pericoloso crinale che potrebbe farli facilmente qualificare come “eretici”. Una fase, si sottolinea nel saggio di Cardini, in cui è lo stesso Francesco ad adottare un linguaggio cavalleresco, come avviene nell’incontro con i briganti che lo percuotono fino a crederlo morto e ai quali Francesco risponde di essere l’ “araldo del Gran Re”.
Le Goff: la cultura laica cavalleresca fa parte del francescanesimo
Né va dimenticato che fu Jacques Le Goff a sottolineare come il meraviglioso francescano abbia “schiuso” alla spiritualità cristiana la cultura laica cavalleresca dei trovatori e la cultura popolare del folklore paesano. Cardini insiste sul fatto che la fase in cui Francesco matura la sua conversione è la stessa in cui nell’Europa cristiana comincia a circolare la letteratura graalica che risolve alla fine il “mistero del Graal” definendolo come sequela Christi. In questo senso Francesco, alter Christus per eccellenza, non è dissimile dal puro di cuore Galahad né dal “puro folle” Perceval. Il suo percorso iniziatico, cominciato col bacio del lebbroso, termina nella chiesa diroccata di San Damiano in cui Francesco dialogo con il Crocifisso e comprende che la via da seguire è quella cristocentrica.
Il modo di predicare di Francesco rimanda alla cultura cavalleresca
Anche un altro storico, Giovanni Miccoli, ha rilevato come le aspirazioni giovanili di Francesco alla vita cavalleresca, riemergano nel suo linguaggio e anche nella sua attitudine a predicare in modo gioioso e ilare. In particolare le pagine di Cardini si concentrano sull’analisi di un testo che precede la redazione delle grandi fonti agiografiche minoritiche: il Sacrum commercium sancti Francisci cum domina Paupertate in cui si parla delle nozze mistiche tra Francesco e la Povertà. Un testo che si muove all’interno del “modello cortese”, così come da quel modello è desunto il gioco che – scrive Cardini – “ritorna spesso nella vita di Francesco: sotto forma di suono, di canzone, di musica, di danza, perfino di pantomima, come nel celebre episodio della predica muta dinanzi a Chiara e alle Povere dame di San Damiano”.
Il saggio di Cardini e l’excursus delle fonti agiografiche
Cardini ha il merito di offrire un excursus che rimanda alle fonti agiografiche francescane la cui analisi si interseca con quella degli storici che hanno indagato l’anima cortese del francescanesimo. Un punto di vista non inedito ma di grande interesse per comprendere come mai il modello di Francesco abbia saputo e potuto attirare tanti giovani pur indicando una radicale conversione e uno stile di vita così diverso da quello dell’agiatezza che i ceti mercantili andavano ricercando nei Comuni dell’Italia del tempo.