Conte, “rosicone” di lotta e di governo: «Draghi? È bravo, ma l’uomo solo al comando bla bla bla…»
Il concetto è anche giusto, persino banale («l’uomo solo al comando non può bla bla bla…»), ma è la sua fonte a conferirgli un retrogusto amarognolo. Perché è chiaro che se l’uomo al comando è Draghi e la fonte della riflessione è Conte, si capisce che un po’, il secondo, rosica. Succede quando in ballo c’è una poltrona per due. E quella di Palazzo Chigi, la stessa dov’è ora seduto SuperMario, Giuseppi non l’ha mai dimenticata. Neanche potrebbe, del resto, alla luce del quotidiano dài e dài di Marco Travaglio. E questo fa di lui un ex-premier di lotta e di governo, una sorta di Salvini con la pochette al posto della felpa e con l’auto blu in luogo della ruspa.
L’acrobata Conte
Ma, al netto delle esteriorità, mosso come lui dall’ardente desiderio di sbaraccare tutto nell’illusione di un ritorno come prima, più di prima. Eccolo allora ruminare distinguo e dispensare ma-anche, sottolineare continuità e rivendicare primogeniture, invocare il nuovo per evocare il vecchio. Conte è l’acrobata che cammina sul filo sottilissimo sospeso tra il suo governo a quello guidato da chi lo ha disarcionato. Deve tenere vivo il ricordo del primo senza incensare troppo il secondo, stando nel contempo a non distanziasene eccessivamente. Più che sostenerlo, lo subisce. In più, deve coltivare l’alleanza con il Pd. Anche qui in equilibrio, tra la frusta di Travaglio e i timori di Di Maio.
L’accanimento terapeutico di Travaglio
Una faticaccia, che sfocia direttamente nelle sue parole prima ancora di sostare nei suoi pensieri. «Non credo che reggerò», si lasciò scappare tre settimane fa davanti alle telecamere. “Sta per mollare?“, si chiesero i giornalisti. Macché. Giusto il tempo di un veloce tagliando presso l’officina del Fatto Quotidiano e via come nuovo: «Stanco io? Un fraintendimento, ho tanto entusiasmo». In realtà, lo era ma non poteva dirlo. Lo sa bene Corrado Formigli, che ha visto calare a picco (4,3) lo share di PiazzaPulita proprio in coincidenza con la performance alla camomilla di Giuseppi. Troppo anche per Travaglio: via al dibbattito sul linguaggio-sonnifero dell’Avvocato del popolo. Interrogativo sottinteso: uno così potrà mai diventare un vero leader? Chissà, al momento è solo un rosicone di belle speranze.