“Droga dello stupro” ai clienti della Roma bene: da piazza Navona a piazza Venezia direttamente a casa
Arrivava ai clienti della “Roma bene” la “droga dello stupro“, in stile delivery consegnata direttamente in abitazioni nel centro della Capitale, in palazzi signorili fra piazza Navona e piazza Venezia. A smantellare l’organizzazione che gestiva lo spaccio sono stati i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma nell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dal pm Francesco Basentini che ha portato a sei misure cautelari. Tre in carcere, due ai domiciliari e un obbligo di firma.
Droga dello stupro, l’organizzazione
L’organizzazione era divisa in due gruppi: uno si occupava di rifornire le comunità etniche fra Marconi e Monteverde Nuovo, spacciando principalmente shaboo, mentre l’altro gruppo, con a capo un trentenne italiano, gestiva lo spaccio della Ghb, la “droga dello stupro” per i clienti italiani, disposti a spendere 7-800 euro per 100 ml di stupefacente. La “droga dello stupro”, così definita per i suoi potenti effetti di disinnesco dei freni inibitori.
“Droga dello stupro”, i nomi in codice
Gli acquirenti inviavano messaggi al pusher chiedendo la droga usando nomi in codice, tra cui “Gilda”, “Mafalda” e “acqua” nel caso del Ghb. Tra i clienti, una quindicina quelli individuati dai carabinieri, di cui otto segnalati come consumatori, a cui veniva consegnato lo stupefacente c’erano, un medico, un professore universitario, un ballerino e un istruttore di arti marziali.
La consegna a domicilio
La consegna avveniva a domicilio per i clienti, nel periodo in cui era in vigore il “coprifuoco” per l’emergenza Covid. L’inchiesta è scattata in seguito all’arresto di una cinese nell’ottobre 2020 alla stazione Termini scoperta con shaboo per un valore di 20mila euro e durante l’indagine è stata fermata una ragazza davanti palazzo Madama che si occupava anche lei di consegnare la “droga dello stupro”.
Il trasporto dalla Toscana a Roma
Le droghe sintetiche venivano fornite da una grossista cinese, con base in Toscana, che organizzava il trasporto e la consegna fino a Roma dello stupefacente necessario. In particolare, la sostanza stupefacente arrivava a Roma, tramite corrieri cinesi, che utilizzavano alternativamente mezzi ferroviari o autovetture a noleggio, ben vestiti per non destare sospetti.
Giunta ai pusher romani, la sostanza veniva consegnata ai vari clienti, anche a domicilio, utilizzando monopattini elettrici, in modo da non destare sospetti ed evitare più agevolmente i controlli da parte delle forze dell’ordine.