Fiabe, canzoni, film e persino la liquirizia: nel tritacarne del politicamente corretto finisce di tutto
La cancel culture va a braccetto con il politicamente corretto. Si potrebbe tradurre “censura culturale”. Una censura che una minoranza continua a mettere in campo per eliminare tutto ciò che è scomodo alla sinistra, Puntano il dito contro grandi autori classici, passano per i film e le canzoni, arrivano agli scrittori. Ma non solo, Vorrebbero far finire all’inferno grandi statisti del passato e del presente, personaggi di fiabe, di opere liriche, simboli religiosi. E addirittura colpiscono la cucina con i suoi piatti tipici.
Il politicamente corretto “gestito” dalla sinistra
Ciò confluisce in una sorta di ansia spasmodica che tutto sia “politicamente corretto”. Numerosi sono gli esempi di questa “setta” che vuole cancellare la nostra cultura. Numerose università statunitensi, inglesi e francesi da un po’ di tempo sono sotto scacco di una minoranza di studenti spalleggiati da docenti. Lottano per cancellare la cultura occidentale e la religione cristiana. Le università americane declassano gli studi classici, in Francia vengono aboliti i numeri romani dai musei nazionali. In Italia si discute, ormai da anni, sull’opportunità di togliere o meno lo studio del latino e del greco dai licei. Una follia dettata dall’ignoranza.
Il tentativo di eliminare la cultura classica
È la lenta erosione della cultura classica. Un esempio lo abbiamo anche vicino a noi. La Ue ha di recente deciso di fare a meno delle nostre radici cristiane, forse per non offendere coloro che non le hanno. Tornando agli Stati Uniti, pochi mesi fa, in nome della cancellazione della cultura, decine di vandali hanno cominciato ad abbattere la statua di Cristoforo Colombo. Secondo loro è colpevole di razzismo, un uomo da considerare come colonizzatore e sterminatore di nativi americani. Il paradosso sta proprio nel razzismo da parte degli “antirazzisti”, che in realtà sono solo “neorazzisti” (Pascal Brucker).
Il politicamente corretto anche in cucina
L’ossessione entra anche in cucina. La torta di mele è bandita perché dolce simbolo di un’America che nasconde una storia di violenze e sopraffazioni. Un’America, cioè, frutto del colonialismo e della schiavitù. Come anche lo zucchero di canna, il cotone, il té. Il loro commercio infatti, con l’arrivo di Colombo, diede il via al “capitalismo”, sfociando in atti di genocidio contro gli indigeni. L’aberrazione del politicamente corretto non risparmia i moretti di liquirizia e il Negrettino, costretti a cambiare nome per sopravvivere commercialmente. La pericolosità sta nel fatto che ogni movimento che cancella la cultura della libertà minaccia la storia dell’umanità.