La lingua di Prodi batte ancora sul dente (dolente) del Quirinale. Nel libro lo confessa
La lingua batte dove il dente duole. E quella di Romano Prodi non fa certo eccezione: anche se il suo “dente” dolente è il Quirinale. Sembrava fatta nel 2013, la dirigenza del Pd (leggi Bersani) arrivò addirittura a chiedergli di interrompere il suo tour in Africa ma poi tutto evaporò. Ufficialmente per il “no” di Berlusconi («non ce n’era bisogno per farmi mancare i voti», rivela ora il diretto interessato in un’intervista al Corriere della Sera), in realtà per la veemenza del fuoco amico. La famosa “carica dei 101” azionata da Matteo Renzi, certo, ma anche lo zampino di Massimo D’Alema. Tra il Rottamatore e il Baffino correva buon sangue allora.
Prodi intervistato dal Corriere della Sera
Comunque sia, il Quirinale resta per il Professore bolognese un sogno infranto, sebbene oggi faccia spallucce. «Non ci sono problemi – assicura -, non era cosa che facessi il capo dello Stato, tutto qui». Un distacco che per apparire credibile ha bisogno però di un altro giro di chiave: «Debbo anche aggiungere che gli anni successivi sono stati tra i più felici della mia vita». Ma andiamo avanti. Tanto più che a febbraio il Parlamento integrato dai delegati regionali dovrà eleggere il successore di Mattarella. Secondo molti, l’alternativa è secca: o Draghi o un Mattarella bis. Ma Prodi non si avventura nelle scivolose terre dei pronostici.
«La mia vita? Sempre dettata da fatti esterni»
«Credo – dice al Corriere – che l’incognita dei prossimi mesi riguardi molto Draghi. Se sceglierà un grande potere limitato nel tempo, restando a Palazzo Chigi, o meno potere ma grande autorità per un tempo molto più lungo». Quanto a Mattarella, «conoscendolo», si dice certo che lascerà e non raddoppierà la sua presenza sul Colle. E taglia corto: «Se dice di non volere essere rieletto, sarà così. Credo a quello che dice». Lo spunto dell’intervista al Corsera è il nuovo libro-intervista (Strana vita, la mia – Solferino editore) in cui Prodi si racconta a Marco Ascione. Una vita, ammette, «dettata tutta da fatti esterni, non guidati». Il Professore la scorre tutta – dalla famiglia all’università, alla presidenza dell’Iri, alla nascita dell’Ulivo – come in un album di ricordi. Manca solo il Quirinale. Ma non tutto si può avere dalla vita, neanche se «strana» come la sua.