La pazza idea dei candidati Pd: riempire le città di campi rom. «Hanno diritto di vivere a modo loro»
Una pazza idea rimbalza tra i candidati Pd alle amministrative: riempire le città di campi rom. «Micro aree», dicono, in cui dislocare in ogni dove insediamenti che consentano loro di vivere nel modo che preferiscono. Con buona pace dell’impatto che questo potrebbe avere sui quartieri. A lanciare la proposta sono stati l’attivista per i diritti delle comunità rom e sinti, Dijana Pavolovica, in corsa a Milano come indipendente nella lista dem, e il leader delle Sardine, Mattia Santori, candidato anche lui indipendente del Pd, ma a Bologna.
La pazza idea dei candidati Pd sui campi rom
«Rom e sinti hanno modi di vivere diversi, le micro-aree rispondono meglio alle loro esigenze rispetto ai campi», ha detto Pavolovica, presentando la proposta insieme a Santori. In questo modo, è la tesi dei due, si supererebbero i campi rom come li conosciamo, assecondando i costumi delle comunità rom e sinti. «Le parole dell’Articolo 3 – ha tuonato Pavolovica – sono ad oggi disattese per le minoranze non riconosciute, come la comunità rom e sinti, che oltre a subire pregiudizi non vedono riconosciuto il diritto all’abitare nelle forme e modalità che appartengono alla loro storia e cultura».
Santori rivendica «la questione abitativa» di rom e sinti
Anche Santori ha rivendicato che «esiste una questione abitativa che, per i rom e sinti, è particolare. Parliamo di una minoranza che ha modi di vivere e di abitare diversi da quelli che noi consideriamo standard». Il leader delle Sardine ha quindi citato la «”strategia nazionale di inclusione”» varata per il 2012-2020 e poi prolungata, «che prevede quattro assi: occupazione, istruzione, alloggio e assistenza sociale». «Ma al momento – ha proseguito – esistono 192 insediamenti mai variati e alcuni, quelli che chiamiamo campi, sono diventati storici, una situazione che da emergenziale è diventata permanente».
A rom e sinti non piacciono gli «edifici classici»
Dunque, la soluzione secondo i due candidati Pd, sarebbe quella di sparpagliare per le città tanti piccoli campi rom, puntando su «micro aree» attrezzate «in cui la famiglia o diverse famiglie mettono le case mobili (che possono essere anche di “edilizia pubblica”) e si attaccano ai servizi». «Un abitare che è scelto, non subìto», ha sottolineato Santori, denunciando che «la forzatura è obbligare una cultura che vive in case mobili dentro edifici classici, un’altra forzatura è fornire soluzioni emergenziali, come i grandi campi in cui vivono persone che non si conoscono tra loro, che poi sono diventate situazioni permanenti. La cultura rom e sinti – ha concluso Santori – prevede sì di abitare in forma collettiva, ma non con chiunque come nei villaggi, insieme a tante altre famiglie».