L’equiparazione Foibe-Shoah l’ha inventata Montanari. Lo svela un articolo della “Stampa”
Non saremo mai troppo grati allo storico Giovanni De Luna per averci condotto laddove tutto è cominciato: la presunta e pretesa equiparazione tra Shoah e foibe nella quale Tomaso Montanari ha voluto scorgere il «tentativo neofascista di falsificare la storia». Chi, come, quando? Tre domande cui il futuro rettore dell’Università per Stranieri di Siena difficilmente potrà dare risposta. Per il semplice fatto che il «tentativo» non esiste. Se l’è inventato lui per ritagliarsi il consueto quarto d’ora di remunerativo “martirio”, com’è tipico dei rivoluzionari dal culo ubiquitario, seduto cioè su più poltrone. Nel campo, Montanari è un’autorità indiscussa. Fortuna per noi che è arrivato l’articolo di De Luna sulla Stampa a svelarci l’arcano.
Montanari difeso (male) dallo storico De Luna
Al netto del titolo – “Foibe e Shoah destra bugiarda” -, che non è proprio un cartello di benvenuto per chi aspirava ad immergersi in un’analisi condotta sine ira ac studio, ne consigliamo vivamente la lettura a chi ha seguito le recenti (e penose) acrobazie di Montanari. È infatti a dir poco illuminante perché De Luna ci svela finalmente il “chi”, il “come” e il “quando” dell’equiparazione tra foibe e Shoah. Fossimo in uno studio tv, a questo punto chiederemmo alla regia di abbassare le luci quel tanto che serve a creare un po’ di suspence e poi via all’individuazione del misterioso e fin qui ignoto apprendista manipolatore. Tenetevi forte: è il ragionier Piergiorgio Stiffoni, fino al 2012 senatore dell’allora Lega Nord. Fu lui nel corso dell’approvazione della legge istitutiva della Giornata del Ricordo – correva l’anno 2004 – ad accostare foibe ed Olocausto, concludendone che «non esistono infatti massacri di serie A o di serie B. Non esistono morti che gridano vendetta e morti e basta».
La verità nel dibattito parlamentare
Ecco il reprobo, anche se si fatica a vedere dietro di lui l’eversivo progetto revisionista denunciato da Montanari. Detto con tutto il rispetto, a dar retta ai resoconti del dibattito parlamentare il senatore è apparso più single di un verme solitario. Avrebbe dovuto accorgersene anche l’autore dell’articolo, dal momento che ha avuto la buona creanza di riportare anche brani di interventi di altri onorevoli – Menia, Servello, Pedrizzi, Berselli – tutti di Alleanza Nazionale. Strano a credersi, ma nessuno di loro cita la Shoah. Ma De Luna, un passato di militanza in Lotta Continua, è lì per far da scudo a Montanari e perciò sentenzia al contrario, modello toga rossa. «Era tutto molto evidente – scrive –. Nel nostro calendario civile, il 10 febbraio andava affiancato al giorno della memoria del 27 gennaio: lo suggerivano sia la prossimità cronologica sia, soprattutto, le argomentazioni che sostenevano il disegno della destra».
Il 10 febbraio è collegato ai Trattati di Parigi
Falso anche questo. Sa infatti benissimo, per averlo scritto, che è il senatore Servello ad individuare il 10 febbraio collegandolo alla data della firma dei Trattati di Parigi del 1947. Gli stessi che smembrarono il nostro confine orientale per assegnare alla Jugoslavia di Tito territori italianissimi. Se De Luna o lo stesso Montanari dispongono di una data più appropriata, non hanno che da proporla. In realtà, ci vuol poco a capire che per l’uno e per l’altro la Giornata del Ricordo è l’equivalente dell’aglio per i vampiri. Dipendesse da loro, la cancellerebbero seduta stante. Ma andiamo avanti. Ricapitolando: nessuno, all’infuori del senatore ragionier Stiffoni, ha equiparato le due tragedie. Aggiungiamo che la Shoah è un unicum perché il genocidio degli ebrei, oltre a non avere ragioni, non aveva confini: i nazisti ne avevano pianificato lo sterminio ovunque si fossero trovati.
I manipolatori stanno a sinistra. Montanari lo conferma
Ciò appurato, chi cerca manipolatori, negazionisti e doppiopesisti deve guardare proprio in direzione dei Montanari, dei De Luna e di quelli come loro. A indiziarli pesantemente è proprio la loro pretesa di montare di guardia alla storia. Un’assurdità generata dall’incesto tra ideologia e malafede. Oggetto della storia è il “divenire che diviene”, motivo per cui – come già ammoniva l’Eraclito del panta rei due millenni e mezzo or sono – «nessuno può tuffarsi due volte nelle stesse acque di un fiume». L’autopsia va bene per i cadaveri. La storia, al contrario, studia dinamiche in continuo fluire. Chi pretende di imbalsamarla in tesi preconfezionate e immutabili, semmai ammantandola di bene e male o di giusto e sbagliato, più che uno storico, è un cantastorie. Ma non è certo di loro che hanno bisogno le scuole e le università italiane.