Rampini: fermare Pechino. Un altro virus minaccia il mondo: la crisi Evergrande
Fermare Pechino. Il titolo dell’ultimo libro di Federico Rampini appare addirittura profetico. Si sta materializzando proprio negli ultimi giorni, in contemporanea con l’uscita del libro, il pericolo di un altro “virus” cinese. Che stavolta rischia di infettare le borse dell’intero pianeta. A provocarlo l’imminente crac del colosso immobiliare cinese Evergrande.
Rampini: ecco perché dobbiamo fermare Pechino
Dobbiamo “fermare Pechino” – osserva Rampini in un’intervista con Il Giornale – «Perché con Xi Jinping la Cina ha gettato la maschera. Non nasconde le sue ambizioni egemoniche. Ostenta un enorme complesso di superiorità verso l’Occidente. Minaccia e ricatta ogni paese già scivolato in una situazione di dipendenza economica (dai vicini asiatici all’Australia, dai Balcani fino all’Europa centrale). Perché vuole monopolizzare le tecnologie del futuro, a cominciare dall’auto elettrica. Perché a Hong Kong ci ha fatto vedere cosa può accadere a chi finisce dentro la sua sfera d’influenza».
La crisi del colosso cinese Evergrande
E poi si sofferma sulla crisi di Evergrande. «Evergrande – dice Rampini – è la punta dell’iceberg, il boom cinese degli ultimi trent’ anni è stato drogato anche da fenomeni speculativi e una overdose di debiti. Se nel 2008-2009 i mutui subprime americani fecero crollare Wall Street e contagiarono il mondo intero, è fisiologico che una delle prossime crisi globali debba nascere in Cina. Dobbiamo augurarci che l’eventuale crac cinese avvenga prima che questa economia abbia sorpassato l’America, e prima che il renminbi (la valuta cinese) sia diventato un vera moneta a status internazionale. Comunque soffriremo tutti, quando arriverà il 1929 cinese».
Evergrande non è in grado di onorare i suoi debiti: 300 mld di dollari
La crisi del colosso immobiliare cinese rischia di mandare in tilt le borse di tutto il mondo. Evergrande ha annunciato che non è in grado di onorare i suoi debiti. Il totale della cifra dovuta supera i 300 miliardi di dollari. A fine giugno Evergrande aveva accumulato 240 miliardi di yuan(37,28 miliardi di dollari) di debito in scadenza entro un anno, di gran lunga superiore alle disponibilità liquide di 86,8 miliardi di yuan (13,48 miliardi di dollari).
Il secondo gruppo del mattone in Cina
“Evergrande – scrive Il Messaggero – è il secondo gruppo del mattone in Cina, anche se l’estrema frammentazione del mercato gli assegna un semplice 4% di quota, corrispondenti ad un fatturato di quasi 80 miliardi di dollari l’anno scorso. La febbre della crescita immobiliare del paese che dura da più di due decenni ha reso le sue emissioni di debito un investimento appetibile per molti gruppi bancari e istituzioni internazionali specializzate in operazioni nei paesi in via di sviluppo. Le ripercussioni di un eventuale crack sono imprevedibili al momento, vista la particolare strutturazione dei debiti di settore che li rende poco rintracciabili. L’agenzia di rating Fitch che ha emesso un downgrading per Evergrande lo scorso sette settembre scrive che il rischio potrebbe essere assorbito senza grandi scossoni dal settore bancario nel suo complesso, ma che molti istituti minori potrebbero essere colpiti in maniera diretta per la loro eventuale esposizione, e indirettamente per la contrazione del credito che potrebbe estendersi sull’immobiliare globale”.
Il rischio dei fondi stranieri che hanno investito in Cina
«Fino al 2017-18 – commenta Alessia Amighini, economista dell’Ispi – sembrava una partita chiusa, anche se questo non ne riduce la gravità: se la Cina implodesse da sola difficilmente il mondo non se ne accorgerebbe. Purtroppo però, negli ultimi 3-4 anni, la cosiddetta apertura del sistema finanziario cinese, ha attirato i fondi stranieri. Che hanno subito la fascinazione di un mercato che si apriva per guadagnare molti soldi. E ora ci sono dentro».