Salvini in imbarazzo per le parole di Draghi, malumori nella Lega: inevitabile la contromossa
Green pass, vaccini obbligatori e, forse ancora di più la questione Lamorgese. Dalla conferenza stampa di Mario Draghi, per Matteo Salvini sono arrivati una serie di colpi difficili da incassare. E al leader leghista non è rimasto che cercare di puntellare le posizioni, aggrappandosi a quella «cabina di regia» che appare più come un contentino che come una vittoria politica. Il tavolo chiesto dal Carroccio, infatti, servirà a capire «a chi e con quale rapidità, non se avverrà» l’estensione del green pass, sul resto si vedrà.
Lo schiaffo alla Lega su Green pass e vaccini obbligatori
«Più di 38 milioni di italiani hanno già liberamente scelto e completato il ciclo vaccinale, oltre il 70% della popolazione sopra i 12 anni, a cui si aggiungono 5 milioni di cittadini guariti. La Lega era e rimane contro obblighi, multe e discriminazioni, ricordando che in nessun Paese europeo esiste l’obbligo vaccinale per la popolazione. Insistiamo invece, e porteremo la proposta al voto anche in Parlamento, perché lo Stato garantisca tamponi gratuiti, salivari e rapidi, per tutti coloro che ne abbiano necessità», è stata la presa di posizione della Lega dopo la conferenza stampa. Insomma, non proprio una manifestazione di soddisfazione.
La difesa di Lamorgese: «Lavora molto bene»
Peggio che andar di notte, poi, sulla questione del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Draghi è stato molto netto nel chiarire che non è in discussione. «Lavora molto bene», ha detto il premier, liquidando così il tema sul quale nuovamente la Lega ha rilanciato. «Lasciamo parlare i numeri. Tralasciando Rave Party abusivi, Baby Gang e violenze diffuse. Un incontro con lei e il presidente Draghi è urgente e necessario», è stato il commento di fonti della Lega, dopo che il premier aveva detto che l’incontro si svolgerà «se la ministra lo vorrà».
Il contentino sulla cabina di regia
Così di fatto sul piatto resta solo l’apertura sulla cabina di regia, ma anche lì si tratta di un una soddisfazione parziale. La Lega aveva chiesto che vi entrassero anche «riforma del fisco, riforma degli appalti e della burocrazia, riforma delle pensioni, contrasto all’immigrazione clandestina e infiltrazioni terroristiche», ma su questo il premier non si è espresso. Epperò, secondo alcuni osservatori, il sì del presidente del Consiglio alla proposta leghista potrebbe essere un modo per dare uno spazio di parola nel governo a Salvini, sfidando anche i mal di pancia di Enrico Letta e Giuseppe Conte.
La “carezza” di Draghi a Salvini sulla leadership
Un modo per “tenerlo buono”, insomma, che si ravviserebbe anche nel riconoscimento della sua leadership. «Cerco di non fare distinzioni nei partiti, perché se vado in questa direzione ogni partito ha tre, quattro, cinque, sei anime. Allora prima di decidere ogni cosa bisognerebbe sentirle, è capitato e vi assicuro non è piacevole. La Lega è una, ha un capo che è Salvini e basta», ha spiegato Draghi a chi gli chiedeva se preferisse la Lega di Giorgetti o quella di Borghi. I tentativi di conciliazione del premier, che ha auspicato «una convergenza maggiore, una maggiore disciplina» da parte dei partiti, assicurando che «questo governo va avanti», sono state subito bersagliate da Enrico Letta. «Noi chiediamo alla Lega – ha detto il segretario dm – un chiarimento su questo punto: non si può stare con le parole di Draghi oggi e allo stesso tempo votare contro il green pass in Parlamento».