Sclerosi multipla, una nuova speranza per i malati grazie a una scoperta del San Raffaele di Milano
Uno studio condotto tra i National Institutes of Health americani e l’Irccs ospedale San Raffaele di Milano ha tracciato l’identikit delle cellule immunitarie che promuovono la degenerazione nella sclerosi multipla progressiva, identificando una proteina chiave del processo e aprendo la strada a nuove terapie. La ricerca, possibile anche grazie al sostegno di Fondazione Cariplo e pubblicata su ‘Nature’, è il frutto di un lavoro iniziato da Martina Absinta presso il National Institute of Neurological Disorders and Stroke degli Nih statunitensi, sotto la guida di Daniel Reich, e terminata nel Laboratorio di Neuroimmunologia del San Raffaele, guidato da Gianvito Martino, prorettore alla ricerca e alla terza missione dell’università Vita-Salute San Raffaele.
La scoperta che può aiutare i malati di sclerosi multipla
Nei pazienti con sclerosi multipla – spiegano dall’Irccs del Gruppo San Donato – alcune lesioni cerebrali causate dal processo infiammatorio tipico di questa malattia non si risolvono, anzi continuano a espandersi danneggiando aree sempre più estese del tessuto nervoso. Queste lesioni in espansione sono chiamate placche croniche attive e contribuiscono alla progressiva perdita di funzioni cerebrali nelle forme più gravi della patologia. Per comprendere meglio i meccanismi alla base di questo processo di infiammazione cronica e per favorire lo sviluppo di nuove terapie, un gruppo di scienziati guidati da Absinta, neurologa ricercatrice tornata in Italia dopo un lungo periodo di ricerca negli Usa, ha analizzato oltre 66mila cellule presenti sul confine delle lesioni in espansione, profilandone individualmente l’espressione genica attraverso il sequenziamento dei trascritti di Rna nucleare.
Il ruolo della proteina C1q
Grazie a questa mappa cellulare estremamente dettagliata, il team ha identificato il ruolo chiave di una proteina chiamata C1q e prodotta dalla microglia, le cellule del sistema immunitario che difendono il cervello, nella progressione delle lesioni, e ha dimostrato in un modello animale della malattia che è possibile ridurre lo stato infiammatorio bloccando questa proteina. Lo studio, sottolineano gli autori, “apre la strada a nuovi potenziali approcci terapeutici per rallentare il processo infiammatorio e degenerativo della sclerosi multipla progressiva”.
“Questo lavoro – evidenzia Absinta, primo autore, project leader presso l’Unità di Neuroimmunologia del San Raffaele di Milano – è in realtà il frutto di quasi 10 anni di ricerche, svolte al confine tra l’impiego di tecniche avanzate di risonanza magnetica e l’analisi cellulare e molecolare dei tessuti cerebrali patologici. Pur essendo un lavoro di ricerca di base, poggia su un background clinico e ha potenziale traslazionale”.
La scienza avanza anche sul fronte del sequenziamento
In studi precedenti, condotti presso gli Nih e la Johns Hopkins University School of Medicine, la scienziata aveva identificato un biomarcatore di risonanza magnetica in grado di individuare, in vivo e in modo non invasivo, le lesioni croniche attive nella sclerosi multipla, tracciandone il confine cellulare in espansione e dimostrandone l’associazione con la progressione della disabilità nei pazienti. E’ grazie a questa tecnica di imaging che è stato possibile riconoscere le cellule da analizzare, appartenenti all’anello esterno della lesione, quello che guida il processo degenerativo. Utilizzando le più recenti tecniche di sequenziamento dell’Rna, i ricercatori hanno profilato tutte le cellule, incluse quelle immunitarie, in queste aree – dettaglia una nota dell’Irccs di via Olgettina – e le hanno confrontate con quelle di soggetti sani.
“Il sequenziamento dell’Rna messaggero individualmente in ogni singola cellula – precisa Absinta – è una tecnica innovativa: permette di identificare quali sono i geni maggiormente espressi in ciascuna e di raggruppare cellule con espressione simile in gruppi. Il risultato è una mappa estremamente dettagliata delle diverse cellule, della loro attività e delle loro interazioni lungo la periferia delle lesioni”.
Lo studio si focalizza in particolare sul ruolo della microglia e della sua interazione con altre cellule immunitarie come i linfociti e con gli astrociti, cellule residenti del tessuto nervoso. Le cellule della microglia fanno parte del sistema immunitario, ricordano gli scienziati. Il loro ruolo fisiologico è quello di proteggere il sistema nervoso dalle minacce, ma nei pazienti con sclerosi multipla si comportano in modo anomalo e secernono molecole infiammatorie e tossiche che danneggiano le altre cellule nervose, causando la perdita della guaina mielina e la degenerazione neuronale.
Come attaccare l’infiammazione nella sclerosi multipla
Analizzando più nel dettaglio i diversi geni attivati all’interno delle cellule della microglia, i ricercatori hanno osservato che la proteina C1q sembra giocare un ruolo chiave nel mantenere l’infiammazione cronica attiva nella sclerosi multipla. Per dimostrarlo, il gruppo guidato da Absinta ha inibito C1q in un modello sperimentale, producendo una netta riduzione dello stato infiammatorio e della progressione della malattia. “Questo lavoro – commenta la ricercatrice – suggerisce che l’infiammazione cronica nella sclerosi multipla progressiva potrebbe essere modulata farmacologicamente. La speranza è che l’inibizione di C1q possa rappresentare un approccio terapeutico nuovo per ridurre le lesioni croniche attive e fermare la progressione della disabilità nella sclerosi multipla”.
“Sono felice di essere rientrata in Italia e in particolare al San Raffaele – dichiara Absinta – dove ho svolto i miei studi precedenti, dalla laurea in Medicina alla specializzazione in Neurologia, fino al dottorato in Medicina molecolare. L’expertise e il contesto scientifico del San Raffaele, sia nel campo delle tecniche di risonanza magnetica sia della ricerca molecolare sulla sclerosi multipla, mi permetterà di portare avanti le mie ricerche nel modo più competitivo possibile a livello internazionale”.