Speranza apre la Festa di Articolo 1 in un’arena “abusiva” e viene accolto dai fischi
In condizioni strutturali precarie e gestita «sine titulo», insomma abusivamente, da un circolo Arci. È la condizione in cui si troverebbe l’Arena Astra di Livorno, dove ieri il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha inaugurato la festa nazionale di Articolo 1, tra le proteste dei no green pass che scandivano slogan come «Finché c’è Covid, c’è Speranza». A denunciare il caso è stata La Verità, sottolineando come risulti degno di nota anche perché coinvolge il ministro che più di tutti, in questi lunghi mesi di emergenza Covid, si è fatto volto del più assoluto rigorismo nel rispetto delle regole, tanto da arrivare all’epoca ad auspicare le delazioni tra vicini che le violassero.
Speranza apre la Festa di Articolo 1 nell’arena “abusiva”
Ma tant’è, stavolta in una situazione che appare quanto meno incerta sul rispetto delle regole sembra proprio che ci si sia trovato lui, Speranza. Stando ai documenti comunali di cui dà conto Daniele Capezzone su LaVerità, infatti, l’Arena Astra, gestita dall’omonimo circolo Arci, risulterebbe occupata «sine titulo». Dal 2004 l’assegnazione dell’impianto all’Arci sarebbe avvenuta, si legge nei documenti citati dal quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, «tramite concessione a titolo provvisorio soggetta a proroghe annuali». Non solo, benché il canone fissato fosse nel 2004 fosse pari a circa 36.500 euro l’anno, anni dopo Arci e Comune dovettero arrivare a una transazione economica perché il Circolo non pagava. Ciononostante l’associazione avrebbe continuato a poter gestire l’impianto senza bando di gara e senza una convenzione con il Comune.
«Così un bene pubblico è diventato di fatto privato»
E questo dal punto di vista amministrativo, perché poi c’è il piano strutturale rispetto al quale gli uffici comunali hanno segnalato gravi carenze e «situazioni pregresse di abusi edilizi». A conti fatti, dunque, ha detto a La Verità il consigliere comunale della Lega a Livorno Alessandro Perini, che ha fornito la documentazione sul caso, «un bene pubblico è divenuto di fatto privato, viste le condizioni con cui viene gestito. E addirittura diventa sede per la propaganda di un partito. Non credo che ciò sia nell’interesse di Livorno».