Terza dose al via il 20 settembre. Lancet: “Vacciniamo la minoranza ancora non protetta”

13 Set 2021 18:57 - di Luciana Delli Colli
terza dose

Si parte lunedì, il 20 settembre, con la terza dose di vaccino. La data è stata indicata nel corso di una riunione tra il ministro della Salute, Roberto Speranza, e il generale Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid. Queste prime «dosi addizionali» e «booster», come sono state chiamate, andranno a determinate categorie maggiormente esposte o a maggior rischio di malattia grave. E ora i tecnici del ministero e quelli delle Regioni sono impegnati nella definizione della «popolazione target». Ma, come più volte ripetuto da numerosi virologi, uno studio sulla rivista Lancet sottolinea che le evidenze scientifiche non supportano la necessità di una campagna generalizzata, mentre è bene concentrarsi chi ancora non è vaccinato.

Al via la campagna per la terza dose

Il ministero, che ha dato il via libera all’inizio della campagna per la terza dose dopo il parere favorevole espresso dalla Commissione Tecnico Scientifica dell’Aifa e del Cts, ha fatto anche sapere che per l’avvio delle somministrazioni su tutto il territorio nazionale saranno aggiornati i sistemi informatici e saranno messe a disposizione dosi addizionali di vaccino a m-Rna, vale a dire Pfizer e Moderna.

Lo studio su Lancet: «Non serve per tutti»

Secondo lo studio internazionale pubblicato su Lancet, però, i dati attualmente disponibili sull’efficacia del vaccino anti-Covid non supportano la necessità di una terza dose per la popolazione generale, che sarebbe «non appropriata». I ricercatori, fra i quali anche esperti dell’Oms e della Fda americana, studiando una vasta scala di studi in materia, hanno evidenziato che in media la vaccinazione anti-Covid mostra un’efficacia del 95% contro la malattia grave causata sia dalla variante Delta sia dalla variante Alfa, nonché un’efficacia superiore all’80% nel proteggere contro qualsiasi infezione associata a queste varianti. «Gli studi attualmente disponibili non forniscono prove credibili di un sostanziale declino della protezione contro la malattia grave, che è l’obiettivo primario della vaccinazione», spiega la ricerca.

Gli esperti: «Concentrare le dosi sui non vaccinati»

Inoltre, sebbene il vaccino non metta del tutto al riparo dal contagio, «anche nelle popolazioni con un’elevata copertura vaccinale la minoranza non vaccinata è ancora il principale fattore di trasmissione, oltre a essere essa stessa a maggior rischio di malattia grave». Dunque, ha spiegato Ana-Maria Henao-Restrepo dell’Oms, autrice principale della revisione, «la fornitura limitata di questi vaccini salverà la maggior parte delle vite se si metterà a disposizione di persone che più rischiano forme gravi di Covid-19 e non hanno ancora ricevuto alcun vaccino».

Per le varianti meglio puntare su sieri «sviluppati in modo specifico»

Infatti, «anche se alla fine la somministrazione di un “booster” potrebbe produrre un certo beneficio», questo «non supererà i vantaggi di fornire una protezione iniziale ai non vaccinati. Se ora la distribuzione dei vaccini arrivasse dove più servono, potrebbero accelerare la fine della pandemia, inibendo l’ulteriore evoluzione delle varianti». Quanto ai booster per le varianti, poi, secondo i ricercatori sarebbe meglio puntare su sieri «sviluppati in modo specifico per contrastare possibili nuove varianti potrebbe essere maggiore e più duratura, rispetto a quella di richiami vaccinali fatti usando i prodotti attuali», un po’ come avviene per il vaccino contro l’influenza.

Terza dose? «Un’idea allettante», ma «bisogna basarsi sui dati»

Quindi, se dosi aggiuntive si somministreranno, avvertono gli scienziati, «sarà necessario identificare circostanze specifiche in cui i benefici superano i rischi» e «sebbene l’idea di ridurre ulteriormente il numero di casi Covid potenziando l’immunità nelle persone già vaccinate sia allettante, qualsiasi decisione in tal senso dovrebbe essere basata sull’evidenza e considerare i benefici e i rischi per gli individui e la società. Queste decisioni – hanno concluso gli esperti autori dello studio su Lancet – dovrebbero poggiare su prove solide e discussioni scientifiche internazionali».

 

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