Veneziani: «La sinistra è la casa dell’intolleranza. Usa l’antifascismo per tenere sotto schiaffo gli avversari»
«Ci voleva la copertina dell’Economist sul pericolo della “sinistra illiberale” per svegliare la sinistra italiana dal suo sonno dogmatico e presuntuoso». Lo scrive in un lungo articolo su La Verità Marcello Veneziani. Da qualche tempo a sinistra «stanno riprendendo corpo obblighi e divieti, censure e rimozioni, gravi restrizioni degli spazi di libertà. La sinistra appare sempre più una casa d’intolleranza, tra totem e tabù, interdetti e intoccabili». Da un verso « marcia al fianco della società neoborghese e neocapitalistica, elogia la globalizzazione». Dall’altra parte «risale l’anima radical» con «battaglie correttive e punitive per far rientrare la società nei canoni rigidi del politically correct, della cancel culture, del pensiero uniforme».
Veneziani: «Dissenso di alcuni intellettuali e filosofi di sinistra»
«Lo spettacolo di questa schizofrenia» è sotto gli occhi di tutti e suscita «alcune crisi di rigetto». Infatti, osserva Veneziani, c’è «il dissenso di alcuni intellettuali e filosofi di sinistra nei confronti del regime di restrizioni sanitarie imposto per la pandemia». I casi più vistosi sono quelli di Agamben, Cacciari, Barbero. Poi c’è il disagio degli intellettuali «nei confronti di quel filone demenziale, intollerante e puritano della cancel culture». Ci sono due modi «per stuprare la cultura e la storia: attualizzarla con la forza o cancellarla, negarla. Entrambi i modi oggi sono frequenti, pervasivi, se non dominanti».
Veneziani: «Qual è il rapporto tra la cultura progressista e la libertà?»
«Ma qual è il rapporto – si chiede Veneziani – tra la cultura progressista e la libertà? Gli studiosi della libertà degli anni passati, da Isaiah Berlin a Ralf Dahrendorf a Norberto Bobbio distinguevano tra libertà da e libertà di». Ossia «tra libertà negativa, come non impedimento, che è propria del liberalismo. E libertà positiva che è invece correlata all’emancipazione, alla giustizia sociale e all’uguaglianza. Grandeggia solitaria la posizione discesa da Nietzsche che si poneva un tema ulteriore: libertà per cosa? Ovvero la libertà, la sua qualità, la sua dignità, si misura dall’uso che se ne fa e dal modo in cui si vive. Il sottinteso è che la libertà non sia la stessa per tutti, ma si debbano riconoscere gradi diversi, differenze e non possa concludersi nell’uguaglianza e nell’omologazione».
L’idea di libertà a sinistra
«Storicamente, – scrive ancora l’intellettuale – l’idea di libertà a sinistra, nel mondo progressista, antifascista e marxista, ha coinciso con l’idea di liberazione. Liberazione di popoli e individui dal giogo della tradizione, dalle gerarchie sociali e di classe, dai regimi autoritari, repressivi o anche borghesi, o come un tempo si diceva “di democrazia formale”. Nella sinistra classica, la libertà individuale era subordinata alla liberazione delle masse, il collettivo prevaleva sul personale, la classe sul singolo. E oggi? Oggi vige quella schizofrenia che notavamo prima: ovvero la liberazione individuale rispetto alla natura, al sesso, alla tradizione, alla sfera privata, fa il paio con la coazione sociale sui giudizi storici, politici, ideologici, sanitari».
«Il paradosso della deriva illibertaria»
«A tutto questo – osserva Veneziani – si aggiunge l’uso intollerante dell’antifascismo per censurare ogni avversario, tenerlo sotto schiaffo». Si manifesta «il paradosso della deriva illibertaria nel nome della stessa libertà». È «un abuso che riporta artificialmente in vita esperienze storicamente defunte da svariati decenni, allo scopo di squalificare gli avversari. Serve a colpire la libertà d’opinione e la diversità di giudizio storico e a sottomettere la verità e la realtà al moralismo e al bigottismo ideologico. Insomma, – conclude Veneziani – la sinistra oggi dimostra che si può essere permissivi e intolleranti, marciare per la liberazione e poi essere nemici della libertà. È il bipensiero orwelliano o la doppia verità, anticamera dei nuovi totalitarismi».