Covid, Palù rassicura su virus e variante Delta: ecco i 3 dati significativi per cui essere ottimisti
Giorgio Palù, oltre a rivestire l’importante carica di presidente dell’Aifa, è uno dei massimi esperti di virologia a livello mondiale. E, soprattutto, è una figura che in questi interminabili mesi di Covid ha saputo rassicurare su veemenza e durate dei picchi della pandemia, spiegando chiaramente cosa aspettarsi da virus, varianti e incidenza dei vaccini. Oggi, in un ampio servizio dedicato sul Foglio, torna a analizzare e commentare la situazione epidemica attuale. E con il consueto rigore e rassicurante ottimismo passa in esami tutti gli aspetti – e le polemiche – che hanno contrassegnato un anno e mezzo di pandemia…
Covid, Palù: ecco i tre dati significativi per essere ottimisti
E allora, l’esperto spiega e riassume: «Fare previsioni ora che ci confrontiamo con il primo coronavirus pandemico nella storia dell’umanità è quantomeno azzardato. Tre dati però sono significativi pensando in termini ottimistici: primo, le scuole sono aperte già da un mese e non c’è stato impatto sulla curva epidemica come invece era accaduto l’anno scorso con una crescita esponenziale dei casi a distanza di quindici giorni dall’apertura. Secondo, assistiamo a un continuo regresso della curva dei contagi almeno da quattro settimane con un Rt ben al di sotto dell’1. Terzo, l’alta copertura vaccinale sta bloccando l’espansione pandemica».
Il raffronto con la Gran Bretagna denota due percorsi vaccinali diversi
Una disamina, quella proposta dal professor Palù, che non può non considerare un raffronto con la drammatica situazione della Gran Bretagna. Dove, fa notare l’intervistatore del Foglio, Professore, «il Green Pass non esiste e i contagi tornano ad aumentare: circa quarantamila al giorno». E allora: esiste un nesso? «I motivi sono molteplici – chiarisce subito l’esperto –. Pur avendo cominciato a vaccinare prima di noi, i britannici hanno raggiunto una minore copertura della popolazione. Inoltre, hanno deciso di non vaccinare subito gli adolescenti e hanno tolto precocemente le restrizioni e le mascherine nei luoghi al chiuso, e non fanno uso di Green pass». Sostanzialmente, rimarca Palù, nel Regno Unito «hanno puntato sin dall’inizio a proteggere i gracili e gli anziani col vaccino, confidano pragmaticamente nell’immunizzazione naturale della popolazione meno a rischio di malattie gravi, vale a dire giovani e bambini».
La variante Delta ancora dominante? Vuol dire che non ce ne sono altre più resistenti e pericolose
Ma allora, stante che Palù ha detto a più riprese che «nessuna pandemia nella storia è durata più di due anni», il coronavirus quando diventerà endemico? La risposta, anche in questo caso, è chiarificatrice: «Che le pandemie durassero in genere un biennio era vero per le malattie causate da batteri e virus responsabili di infezioni acute ad alta virulenza: peste, vaiolo, influenza. Oggi vivono otto miliardi di persone sul pianeta. La globalizzazione non lascia aree di popolazione isolate dal contagio e fa venir meno lo stesso concetto di immunità di gregge. In alcuni paesi europei l’alto tasso di vaccinazione sta già rendendo endemico il Sars-COV-2, cioè un virus che persiste con bassa circolazione».
Diverso ancora il caso di Romania, Bulgaria, Russia: lì pesa una insufficiente copertura vaccinale
Diversa la situazione in altri Paesi europei. E l’esperto ci spiega perché. «Non avviene lo stesso in Romania, Bulgaria, Russia, paesi con insufficiente copertura vaccinale ove si assiste a un alto numero di casi incidenti con elevata letalità. Un dato incoraggiante circa la possibile endemizzazione del virus è il fatto che la variante Delta, che è ancora responsiva al vaccino allestito col prototipo virale di Wuhan, sia diventata dominante nel globo senza essere stata ancora sostituita da altre varianti più immunoevasive».
Palù sulla terza dose e la comunicazione sui vaccini…
Un discorso, quello appena enucleato da Palù che si collega direttamente al tema “terza dose”. Rispetto al quale, spiega Palù al Foglio, «le indicazioni attuali del Comitato tecnico scientifico e del ministero della Salute, che la limitano alle categorie fragili, sono quelle corrette e coerenti con la biologia del virus e con i dati clinici di morbosità e letalità». I vaccini sono stati dirimenti, conferma Palù. Nonostante una comunicazione confusa e altalenante sulle diverse fiale da selezionare per soggetti e fasce d’età. Un dato che ha sollevato le polemiche e alimentato le incertezze delle persone.
Il caso “Astrazeneca” deve indurre a riflettere. E cambiare rotta?
E rispetto al quale Palù commenta: i messaggi discordanti su Astrazeneca hanno sicuramente «disorientato la gente» con «un’informazione che trascura che la scienza è in continua evoluzione. La vaccinazione di milioni di persone può fornire indicazioni che i trial clinici autorizzativi non danno. Bisognerà migliorare la comunicazione scientifica ricorrendo a esperti veri, giornalisti specializzati e interlocutori istituzionali».