Ddl Zan, le castronerie di Orlando peggio di quelle dei Ferragnez: «Bocciarlo è stato un atto eversivo»
«La bocciatura al Senato del ddl Zan è un atto eversivo che viola i principi della nostra Costituzione». Ci mancava solo la pennellata di Leoluca Orlando Cascio a rendere ancor più grottesco il quadro di lamentazioni e recriminazioni seguite all’affossamento del ddl Zan. Ma nella ideale hit parade di castronerie ascoltate in questi giorni, quella del pessimo sindaco di Palermo merita senz’altro il primo posto. E sì, perché fin tanto che escono dalla bocca di rapper, influencer, soubrette e compagnia cantante, uno se ne fa una ragione. Ma che a pronunciarla sia uno come Orlando Cascio che per studio, esperienza e competenza la Costituzione dovrebbe conoscerla come le proprie tasche, fa cascare le braccia.
Leoluca Orlando in corteo a Roma
Chissà se spunterà uno di quei schienadiritta con il tesserino dell’Ordine dei giornalisti a chiedergli che cosa ci sia mai di «eversivo» nella bocciatura di una legge da parte di un ramo del Parlamento. E ricordargli che lo è stato semmai accusare un magistrato di «tenere chiuse le indagini nei cassetti» o di organizzare falsi attentati. Soprattutto se quel magistrato – do you remember mr. Orlando Cascio? – si chiamava Giovanni Falcone. E chissà se un altro schienadiritta si prenderà mai la briga di propinarci una carrellata di sindaci populisti. O almeno un cammeo su gente, appunto, alla Orlando Cascio o alla De Magistris, capace di inventarsi inesistenti “primavere” o improbabili “rinascite” al solo scopo di nascondere l’assoluto vuoto della propria azione amministrativa. E quindi a supplire con il movimentismo di piazza l’immobilismo di Palazzo.
Ma a Palermo è negato il diritto alla sepoltura
A sinistra abbondano, basta cercarli. Semmai Fanpage potrebbe infiltrare qualcuno dei suoi segugi senza macchia e senza paura. Ma andrebbe bene pure uno senza tessera. Sai che divertimento inseguire l’Orlando Cascio nel corteo romano pro-Zan mentre urla «questa è la Palermo dei diritti che si rivolge all’Italia dei diritti negati». E chiedergli conto delle oltre mille bare accatastate nel cimitero della sua città. Palermitani morti e senza pace, cui l’inconsistenza amministrativa del «sindaco dei diritti» nega quello più antico e più umano: la sepoltura.