Due piazze due misure: la sinistra condanna gli “untori” portuali e assolve la folla arcobaleno
Due piazze, due misure. E in mezzo il solito doppiopesismo della sinistra, ipocritamente benpensante. Pronta ad aggettivare la protesta a seconda dei manifestanti: da solennizzare e assolvere in certi casi. Da criminalizzare e condannare in certi altri… Uno spunto di riflessione non certo inedito, che in questi giorni di rivendicazioni che, col Green pass diventato obbligatorio e il Ddl Zan naufragato in Senato, è tornato prepotentemente alla ribalta. Tanto che un opinionista come Daniele Capezzone ci torna e dalle colonne de La Verità argomenta. Commenta. Ricostruisce. Analizza e s’interroga sul perché media e mainstream bollano i camalli come pericolosi untori, sebbene difendano il diritto al lavoro. Mentre se ci si assembra per inneggiare a Zan e al suo Ddl, invece, sparisce pure il rischio Covid…
Media e mainstream: le due piazze e due misure della sinistra
E a domanda il polemista replica subito, in apertura di pezzo, ponendosi il quesito e replicando in contemporanea: «Da che dipende? Elementare, Watson: da chi lo fa e dal motivo della protesta. Se promotori e tesi rientrano nella lavagna dei «buoni». Degli «accettati». E degli «ammessi», scatta il semaforo verde. Se invece stanno dalla parte dei «cattivi». Dei «reietti». Di quelli «mal sopportati», il semaforo diventa rosso». Laddove è proprio il “rosso” a fare da discrimine… Con una formale distinzione che Capezzone sottolinea agilmente: i giornali differenziano descrizioni e recriminazioni con titoli, aggettivi e collocazione della discussione nella vetrina in bella mostra in pagina. In tv, invece, tutto si gioca su sguardi complici, risatine beffarde, interruzioni tempestive e ironia di sottofondo: il tutto affidato alle sapienti mani di conduttori e opinionisti. Perché, rimarca Capezzone nella sua disamina, «si sa. Ormai la sinistra intellettuale non ha più remore: ride direttamente in faccia agli ultimi».
I camalli di Trieste trattati come pericolosi untori…
E così, accade platealmente che, se si parla della piazza di Trieste in protesta, immediato scatta l’allarme contagi e la caccia all’untore. Se, invece, giusto 24 ore dopo, si assembrano in altre piazze altri manifestanti schierati contro l’affossamento parlamentare del Ddl Zan, allora – stante che entrambi hanno uguale diritto e legittimazione a rivendicare le proprie ragioni – il trattamento mediatico si capovolge. E con tripli salti carpiati. E allora, rileva Capezzone: se la piazza è quella arcobaleno, è «composta», «indignata ma civilissima», «consapevole».
… mentre è “miracolosa” la piazza arcobaleno pro-Ddl Zan
E, ironizza il giornalista, «c’è pure il miracolo: in questo caso, pur in assenza di mascherine, il rischio Covid sparisce». In nome dello stesso principio. Sostenuto dai soliti soloni di sinistra, per cui durante i lockdown in strada, nelle spiagge, tra vicini, si dava la caccia al trasgressore di turno con «istituzioni e mainstream media che – scrive Capezzone – arrivarono alla richiesta di delazione nei confronti di chi, magari, stava solo facendo una passeggiata». O si bandirono i fedeli dalla messa pasquale. Arrivando persino a negare o contingentare la presenza alla celebrazione dei funerali.
L’apoteosi del doppiopesismo della sinistra durante i lockdown
Mentre, il 25 aprile, in pieno lockdown, si tennero regolarmente, e in diverse città, cortei con cori di Bella ciao, sventolio di bandiere rosse e ostentazione di pubblica complicità. Ossia, quanto negato a commercianti e ristoratori in ginocchio radunati sotto lo stesso striscione che invocava diritto al lavoro e pietas. Esattamente come, ricorda l’articolista, «poche settimane dopo quel 25 aprile, il 2 giugno 2020, in occasione di una manifestazione del centrodestra con Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani, si gridò – a reti e testate quasi unificate – nientemeno che al “focolaio”».
Ecco gli esempi: il 25 aprile, il Ddl Zan, la manifestazione del centrodestra, lo scudetto dell’Inter
Stesso trattamento riservato poi in primavera ai tifosi dell’Inter in festa dopo la conquista dello scudetto additati come portatori di sciagure imminenti. Le stesse che non furono preconizzate invece per le manifestazioni dello stesso periodo, sempre in favore del Ddl Zan. In tutti questi casi, conclude Capezzone, la differenza la fa la presenza o meno delle bandiere rosse. Ossia l’imprimatur della sinistra buonista a corrente alternata, pronta a legittimare o bollare con la lettera scarlatta a seconda del colore della piazza e della rivendicazione sbandierata.