Gad Lerner sempre più ossessionato dal fascismo: «La libertà è l’ultima maschera della destra»
Com’è complicata la vita dell’intellettuale mainstream: sempre lì ad evocare il fascismo anche quando si appalesa come parodia. Un po’ come pretendere di voler suscitare tra gli spettatori di un cinema la suspence dell’Esorcista proiettando l’Esorciccio. È un esercizio in cui si lancia con ostinata dedizione Gad Lerner, che evidentemente ha bevuto fino in fondo la strampalata tesi di Umberto Eco sul «fascismo eterno». Sia come sia, è un fatto che il giornalista la butta sempre lì, sul Ventennio nero. Una vera ossessione, la sua. Soprattutto dopo aver scoperto con sorpresa mista a raccapriccio il «richiamo alla nozione di libertà» da parte della destra di Giorgia Meloni.
«Quella della Meloni è un capovolgimento semantico»
Già, come si è permessa? E mica può? «Un vero e proprio capovolgimento semantico», ha obiettato lui dal Fatto Quotidiano. Neanche gli passa per la testa che forse esiste davvero nella società, tra la gente, un senso crescente di libertà mancante. E non solo per l’aut-aut tra lavoro e salute posto dal Green Pass o per le forzature linguistico-concettuali imposte dal culto del politically correct o, ancora dalle scempiaggini partorite dalla cancel culture. O, infine, dalle granitiche certezza dispensate dai sostenitori della società aperta, globalizzata e felicemente multirazziale. Mode, tendenze e fenomeni che a Lerner piacciono un sacco. Di più: vi si crogiola come un topo nel formaggio. A tal punto che neanche lo sfiora l’idea che a molti altri possa non piacere. Sono i renitenti alla leva del pensiero unico. E abitano in prevalenza i piani bassi della società senza più possibilità, per altro, di usufruire dell’ascensore sociale da tempo fuori servizio.
Lerner viene da Lotta Continua
Sono i popoli delle periferie, spesso disoccupati, sottoccupati, precari che vivono con angoscia le sfide della modernità. Temono, per dirne una, che chi li ha convinto a non fare figli sia poi lo stesso che assegnerà l’alloggio popolare all’immigrato perché di figli ne ha tanti. Da qui la diffidenza, il rancore, la rabbia popolare, che Lerner, tuttavia, traduce sempre e solamente come “fascismo”. Come faceva negli anni di Lotta Continua. Già, come tanti altri intellettuali mainstream è rimasto incatenato alla retorica reducistica degli anni ’70. Antifascista allora come ora, a dispetto del tempo che passa, come un novello Dorian Gray in chiave ideologica. Tutto, insomma, pur di non ammettere che la sua sinistra e la libertà sono oggi nemiche per la pelle.