Greta canta “Bella ciao” in piazza a Milano: pugni chiusi e vecchi slogan al corteo per l’ambiente

1 Ott 2021 13:11 - di Bianca Conte
Greta Bella ciao

Greta Thunberg, la fondatrice svedese del movimento Friday for future, balla e batte le mani sulle note di “Bella ciao” in piazzale Cadorna a Milano. Un copione studiato ad arte. recitato a soggetto. E replicato all’ennesima occasione utile: l’attivista si trova alla testa del corteo per il clima, che è partito stamane da Largo Cairoli a Milano. Alla guida di manifestanti che, al loro interno, assemblano di tutto un po’: diverse appartenenze politiche. Sigle ecologiste. E i tanti qualunquisti della politica che hanno deciso di puntare tutto sull’ambientalismo. Un tema spesso cavalcato da diverse angolazioni, tra sviluppo sostenibile e sos contro il cambiamento climatico. Una variegata fattispecie sociologica che amalgama in una sorta di magma indistinto mondi geograficamente e politicamente diversi e lontani. Ma che, oltre al clima, ha un inno di riferimento a fare da denominatore comune da rilanciare come simbolo unitario: Bella ciao.

Greta canta “Bella ciao” in piazza a Milano

E allora, proprio il celebre brano che ha fatto capolino persino su Netflix, grazie alla serie spagnola de La casa di carta che lo ha sdoganato anche in tv. E che la sinistra ideologica e militante, rilancia a ogni piè sospinto: dal 25 aprile in poi, passando per le iniziative per l’ambiente, ogni giorno è buono per solennizzare la liturgia della resistenza. Un brano che, oggi per l’ennesima volta, unisce in unico coro i manifestanti presenti a Milano per il corteo Fridays 4 Future, in marcia con direzione Piazzale Damiano Chiesa, dove era in scaletta che Greta prendesse la parola. Lei, l’ecologista nord-europea votata alla causa ambientalista. Portabandiera del modello green eco-sostenibile formato terzo millennio. E adesso pure aedo del canto di una sinistra di lotta e di governo, che ormai da tempo ha perso il proprio orizzonte di valori. Un mondo di riferimenti che adesso tenta disperatamente di recuperare inneggiando a stantii slogan vetero-comunisti. E, soprattutto, attraverso la strumentalizzazione delle note di Bella ciao. Che, non a caso, nostalgici e nuove leve progressiste hanno addirittura proposto di istituzionalizzare.

Pure Greta rilancia “Bella ciao”, l’inno della sinistra che ovvia alle divisioni e al disorientamento

Una politica figlia del disorientamento. Della disperazione e di quel pizzico di opportunismo mediatico che non può mancare. E così, quando proprio non si può o non si riesce a declinare altrimenti il proprio senso di appartenenza, cantare Bella ciao diventa un momento di unificazione contro il divisionismo partitico. Un tentativo di aggrapparsi a un gancio per fare presa su un elettorato spacchettato su più fronti. Tanto per dare una sorta di alchemica mistura valoriale nel blob indistinto e frazionato in mille rivoli della sinistra degli ultimi trent’anni. Perché oggi dire “Noi siamo quelli di Bella ciao”, azzera le linee di confine e rende lecita l’appropriazione indebita di simboli e valori sempreverdi, anche se finiti in soffitta. Se non addirittura spariti dalle agende parlamentari di sinistra, salvo rapsodiche riproposte nell’imminenza degli appuntamenti con le urne.

Greta e Vanessa guardano al futuro strizzando l’occhio al passato di Bella ciao: un evergreen per tutte le stagioni

E così, in un eterno ritorno, rieccoci a Greta: la 18enne svedese che, protetta da un cordone fi sicurezza, ha ballato sulle note di Bella ciao risuonate all’altezza di piazzale Cadorna. Insieme a lei, la gemella Vanessa Nakate: 24enne ugandese che nel gennaio 2019 ha debuttato con la “sua” protesta per sensibilizzare sul tema. «Non possiamo più aspettare discussioni vuote e inutili: è tempo di ascoltare realmente la nostra voce. Di chi lotta per il futuro contro chi cerca di togliercelo, per portare una conversione ecologica secondo giustizia climatica e sociale», rilanciano in piazza e dal palco i manifestanti. E ancora: «Bisogna investire per un radicale cambio di sistema, perché un altro mondo non è solo possibile. Ma è necessario e urgente», è il messaggio degli organizzatori. Eppure, guardando al domani, queste giovanissime attiviste anti-sistema per la salute del Pianeta, non riescono proprio a smarcarsi dal guardare indietro. Dallo strizzare l’occhio, in assenza di riferimenti forti nel presente, a un passato polveroso, reputato comunque “evergreen”. Mentre sul clima continua a levarsi altisonante solo un vuoto bla bla bla…

 

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