Legge elettorale, Brunetta replica a Salvini: «Il “Rosatellum” l’ho voluto io, ma erano altri tempi»
L’ipotesi (in realtà molto remota) di modificare la legge elettorale fa discutere il centrodestra. Matteo Salvini e Giorgia Meloni non hanno alcuna intenzione di abbandonare il maggioritario per il proporzionale. Diversa l’aria che si respira in Forza Italia (non in tutta, ovviamente). Lì l’area ministeriale, a partire da Renato Brunetta, non fa mistero di puntare ad una restaurazione centrista con i vari spezzoni oggi a confine tra le due coalizioni. Ma senza un cambio del Rosatellum è una vera mission impossible. Salvini lo ha capito. E ha puntato il dito contro la «stragrande maggioranza dei parlamentari che pensa solo alla propria ricandidatura e non agli interessi del Paese».
«Da capogruppo di FI ho contribuito a farlo passare»
Un j’accuse che non, com’era prevedibile, non è piaciuto a Brunetta. «Dalla mia esperienza di questi otto mesi di governo – ha rintuzzato – non posso che dare un giudizio straordinariamente positivo del lavoro dei parlamentari tutti, di maggioranza e di opposizione». Il ministro della Funzione Pubblica assicura che non vuol polemizzare sul tema della legge elettorale. Ma tiene a sottolineare che quando era alla guida del gruppo di Forza Italia alla Camera, lui fu tra i principali sostenitori dell’attuale legge elettorale di tipo maggioritario. «Io ho voluto fermamente il Rosatellum – ha rivendicato -. Dichiaro in ogni caso, però, che le leggi elettorali sono figlie del momento storico e del momento politico in cui vengono decise».
Coraggio Italia in soccorso di Brunetta: «Sì al proporzionale»
In soccorso di Brunetta arrivano altri segmenti centristi. Come Coraggio Italia, la formazione tenuta a battesimo da Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, e Giovanni Toti. «Il sistema maggioritario – ha argomentato Osvaldo Napoli – una volta in crisi le maggioranze, ha sempre partorito governi tecnici: Dini, Monti e Draghi. Il sistema proporzionale – ha aggiunto l’esponente di CI – toglie ai leader il potere di nominare i parlamentari e si restituisce agli elettori la facoltà di scegliere da chi essere rappresentati. In più – ha concluso – secondo, costringe i partiti a togliersi la maschera e a indicare con chiarezza la linea politica».