L’intervista. Carioti: con la pregiudiziale antifascista siamo ancora dentro la Prima Repubblica

13 Ott 2021 15:47 - di Annalisa Terranova
Carioti antifascismo

Antonio Carioti, giornalista del Corriere, ha studiato e approfondito le vicende della destra italiana e dei giovani neofascisti. Ha dedicato al tema due saggi editi da Mursia, Gli orfani di Salò (2008) e I ragazzi della Fiamma (2011), e nel 2020 ha pubblicato Alba nera. Il fascismo alla conquista del potere (Solferino). Ha curato inoltre il libro-intervista a Marco Tarchi Cinquant’anni di nostalgia. La Destra italiana dopo il fascismo (Rizzoli). Sul dibattito in corso fascismo-antifascismo Carioti si è fatta l’idea che è la stessa della maggioranza degli italiani: bisognerebbe guardare avanti. “Lo spettacolo è deprimente”, dice, “anche perché il fascismo è morto nel 1945, anche se non è morto il neofascismo”.

Fratelli d’Italia è un partito neofascista? E Meloni è una nazista come suggerisce Vauro con le sue vignette?

E’  chiaro che Meloni è lontanissima dal nazismo e questo va detto anche se io non condivido le sue posizioni.  Il problema è che Fratelli d’Italia è erede del neofascismo e dell’esperienza missina che lei rivendica nel suo libro quando fa l’elogio di Almirante. Era logico che gli avversari usassero contro di lei questo marchio d’origine, questo atteggiamento delegittimante di dire: “Voi siete fascisti perché avete la Fiamma tricolore”.

Il Msi era un partito rappresentato in Parlamento, che partecipava regolarmente alle elezioni e aveva il 6 per cento dei consensi…

Sì, ma è stato oggetto di una conventio ad excludenudm fino al suo scioglimento a Fiuggi. Il Msi era di fatto una forza isolata, che ha appoggiato un paio di governi dall’esterno ma che dopo il trauma del governo Tambroni non ha più avuto esperienze governative. Fino all’esperienza di An. Questo problema rimane aperto perché oggi FdI sta assumendo proporzioni tali da rappresentare una minaccia per un governo che incarna l’ortodossia dell’europeismo. Quindi colpiscono Giorgia Meloni  nel suo punto debole, che è quello del neofascismo.

Ma come si fa a liquidare il Msi come un partito neofascista, come se fosse solo la casa di un gruppo di nostalgici?

Il Msi era un partito che rivendicava il suo neofascismo. Un fenomeno nuovo, diverso dal fascismo che era finito nel 1945. Nel Msi c’era di tutto: la corrente monarchica e quella sociale, l’ala filoamericana e quella anti-Nato, ma se c’era un collante era la nostalgia del fascismo. Una nostalgia che è durata mezzo secolo, evolvendosi, fino all’esperienza del Pdl che era un progetto di un grande partito moderato e conservatore. Progetto che però è fallito. La Meloni riparte dalle radici del Msi.

Già, quindi è destra postmissina e non neofascista.

Sì, Fratelli d’Italia è destra postmissina. Anzi loro sull’Europa hanno una posizione persino diversa dal Msi che votò a favore dei trattati di Roma del 1957  e a favore del sistema monetario europeo mentre oggi Meloni è collegata con forze sovraniste che sono euroscettiche. Il richiamo europeo sta solo nello slogan dell’Europa delle patrie.

Ma basta il richiamo alle radici per far tornare la pregiudiziale antifascista? E’ giustificato questo assedio contro FdI considerando che nella Costituzione l’antifascismo non viene neanche mai citato e che si vieta solo la ricostituzione del disciolto partito fascista?

E’ vero, nella Costituzione la menzione del valore dell’antifascismo non c’è. Se la pregiudiziale antifascista ha ragion d’essere? Secondo me bisognerebbe guardare meno all’indietro e più alla realtà presente. Meloni si richiama alle radici del Msi ma non mi sembra un elemento di preoccupazione tale da doverla delegittimare. Certamente questa sua provenienza storica la indebolisce. Ma anche il Pd è indebolito dal fatto che c’è una parte di elettorato che lo considera il travestimento del vecchio Pci. Diciamo che le pregiudiziali antifascista e anticomunista sono le due grandi discriminanti della storia della Repubblica che hanno lasciato segni.

Torniamo alla Costituzione. La pregiudiziale antifascista non c’è, ma ne parlano come se ci fosse.

Diciamo che c’è un uso estensivo della XII norma transitoria e della legge Scelba, peraltro anche lui accusato di essere fascista. Come ho detto prima la pregiudiziale sopravvive però perché è un dato della storia d’Italia. Il problema è constatare che lo spazio della destra è stato sempre presidiato dal mondo missino che ha dimostrato una notevolissima capacità di resistenza. Tutto ciò si traduce oggi nella presenza consistente di FdI, che si porta appresso i segni della storia repubblicana, tra cui la pregiudiziale antifascista.

E quindi Giorgia Meloni che dovrebbe fare? Abiurare, pentirsi, subire questo processo di delegittimazione in silenzio?

Io non sono nessuno per dire alla Meloni cosa deve fare. Constato soltanto che quando si sollevano ancora le pregiudiziali dell’antifascismo e dell’anticomunismo siamo ancora nella Prima Repubblica. Nella seconda le pregiudiziali si sono trasformate nel gioco dialettico tra berlusconismo e antiberlusconismo ma eravamo sempre dentro lo stesso schema. Meloni ha anche ragione nel dire: “Non posso diventare di sinistra per farvi piacere”. Il mio auspicio allora è che vi sia un superamento di questo gioco alla delegittimazione perché oggi i problemi del sistema politico italiano sono altri, a cominciare da un forte astensionismo che indebolisce tutti. La dialettica politica deve essere normalizzata e a ciò dovrebbero concorrere entrambi gli schieramenti, centrodestra e centrosinistra.

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